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Prigionia in Africa (1943-1945) - di Giacomo Ferrera

 

 I disegni che si trovano

in questa pagina sono stati

eseguiti dall'autore del testo

e rielaborati da   Lucia Maria Izzo

e Sebastiana Schillaci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo III : Le attività - Professioni, arti e mestieri
 

Finalmente ognuno poté manifestare le proprie capacità e dare il suo contributo per il bene di tutti. C'erano fra noi valenti professionisti che ci tennero conferenze di altissimo livello, professori che organizzarono corsi di matematica, di italiano e di lingue straniere. Fra questi, il Prof. Pietro Collareta di Genova e che faceva la lettura di Dante. All'inizio i frequentatori dei corsi erano numerosi, ma piano piano le fila si assottigliavano; con quel caldo, costava fatica anche pensare.

Si rivelarono preziosi i periti meccanici, tessili, tecnici e chimici con le loro applicazioni pratiche: si sentiva parlare di tessuti, di cucitura a punto indietro, di lavori a maglia, un dritto è un rovescio. Ma le materie prime? Veramente si trattava di materie seconde, perché prima erano del quartiere mastro, dai cui magazzini erano fatte sparire con rara abilità dai nostri soldati. Il poveretto controllava, diceva parolacce, ma i conti non gli tornavano mai. E contava:
- Fucking one, bloody two, fucking three, bloody four....
non chiedetemi di tradurre! Sappiate soltanto che le coperte di lana venivano trasformate in matasse, quindi in gomitoli e infine in maglie perché talune notti erano fredde. Sappiate pure i teli da tenda venivano trasformati in camicie o in pantaloni, che le tinture per rendere il tutto irriconoscibile si ottenevano con sale, fondacci di tè o di caffè oppure con altri accorgimenti, che i ferri per i lavori a maglia si costruivano a mano, levigando stecche di legno con un coccio di vetro fino a raggiungere il calibro voluto. I rammendi alle calze venivano eseguiti a regola d'arte, ricostruendo i buchi secondo le istruzioni del perito tessile. Al posto del classico uovo di legno si collocava un sasso levigato.

Un giorno esaminai uno di quei sassi un po' strani: era purissima selce, di un bel colore biondo. Spaccando il ciottolo in un certo modo, ottenni lame taglienti e punte acuminate: sarebbe bastato applicarle a un manico o a un'asta ottenere coltelli, lance, frecce, punteruoli... e tornare all'età della pietra scheggiata. Un'altra bella scoperta fu uno strato di sale marino puro, apparso durante certi lavori di scavo: ci serviva per salare gli alimenti e per bilanciare le perdite di sale dovute al gran sudore.

Le applicazioni più ingegnose suggerite dalla necessità furono:

  • accendere un fuoco senza fiammiferi;

  • preparare il caffè al sole. Si macinano i chicchi tostati usare due pietre, si introduce la polvere così ottenuta in una bottiglia di vetro scuro contenente acqua nella quantità desiderata, si lascia per mezz'ora nella sabbia al sole e il caffè è pronto. Perché la bevanda riesca sgradevole, bisogna prima trovare i chicchi di caffè;

  • preparare l'acqua fresca da bere. Si prende un vaso di coccio poroso, si riempie d'acqua, si appende all'ombra e si fa dondolare. L'acqua che trasuda evapora e rinfresca contenuto. Se non si trova un vaso di coccio, può servire una bottiglia sulla quale si mette una calza bagnata, anche se non proprio pulita. Appendere e far dondolare come sopra;

  • conoscere l'ora. Si va in un certo punto del campo dove è stato costruito un piccolo gnomone ritto su di una sorta di meridiana orizzontale, opera di un volonteroso e di un capitano di lungo corso che sa tutto su equinozi, solstizi, meridiani, paralleli e paracarri;

  • farsi un bicchiere di vetro. Si prende una bottiglia e si taglia in due con uno spago. Operazione lunga da descrivere, ma di rapida esecuzione bisogna essere in due: se si è svelti, si fabbricano due o tre bicchieri in un minuto. I bordi non sono taglienti;

  • fabbricare inchiostro. Si fa sparire la matita copiativa del tenente fossati, si toglie la mina e la si scioglie in una boccetta d'acqua;

  • pennini: quelli vecchi, affilati pazientemente su di un sasso, hanno una durata infinita;

  • carta: si utilizza quella degli imballaggi, ottima per il giornale murale.

Io mi dedicai, oltre che allo studio, ai giornali murali, nei quali riportavo tradotte le notizie di radio Cairo e i bollettini di guerra dai vari fronti. Il professor Collareta e un giornalista di professione pubblicarono articoli disegni di grande interesse; io, saltuariamente, il Corriere dei Piccoli e piacevolezze varie, che ebbero sempre grande successo.

Ma il lavoro più grosso fu quello di disegnare la carta geografica dell'Europa e quella dell'Asia, comprese le infinite isole del Pacifico. Lo feci con due lenzuola, sulle quali riportare alla scala voluta mediante opportuni ingrandimenti le carte geografiche stampate nei giornali e riferite alle operazioni in corso. Vedendomi alle prese con quel lavoraccio, il sottotenente Aurisicchio si commosse ed estrasse dalle suole delle scarpe e alcuni preziosi fogli dell'Atlante De Agostini, sfuggiti alle perquisizioni, e me li diede. Il sottotenente Piovano provvede poi a mettere le bandierine, le frecce e quant'altro poteva interessare per seguire lo svolgimento della guerra in corso. Gli inglesi, durante le loro ispezioni, ammirarono quei lavori, ma non si chiesero mai da dove provenissero quelle due lenzuola. Intanto, il quartiere mastro continuava a contare e a dire parolacce.

Il lavoro più sorprendente fu quello del barattoliere: stava proprio davanti alla nostra tenda e che deliziava martellando barattoli dalla mattina alla sera. Raccoglieva scatolette recipienti metallici vuoti per utilizzare nei pezzi di latta; fondeva tubetti di dentifricio usati per recuperarne lo stagno e faceva tesoro di tutto quel che trovava chiodi, gomma, spaghi, cartoni, legno, fili di ferro, viti per poi riutilizzare tutto. Dalle sue mani uscirono pentole, imbuti, pentoline, padelle e oggetti incredibili, come una macchinetta per caffè espresso con tanto di valvola di sicurezza e una piccola macchina a vapore, che funzionava benissimo. I cilindri? Perfettamente cilindrici. E pistoni? Semplice: dischi sovrapposti e compressi, ricavati da un vecchio mazzo di carte. Ma la pressione non faceva scoppiare tutto? No, perché caldaia, tubi e cilindri erano rinforzati con spirali di filo di acciaio, strette e aderenti. E poi c'erano le valvole, già tarate... il fine era una pietra, il martello ero sasso. Quando il baratto lire riuscì a procurarsi martello, cesoie, pinze, tenaglie, seghetto e punzoni fece miracoli, come in seguito vi dirò egli era un sottotenente torinese distinto, sempre in ordine, allegro ed estroverso. Lavorava cantando le belle canzoni della regione, e a furia di sentirle finimmo per impararle anche noi. Era perito meccanico della Fiat. E ora non meravigliatevi dei successi industriali di quella casa automobilistica o della fama mondiale dei carrozzieri che lavorano a Torino: quella gente e attiva, ha genio inventivo, ha gusto e senso estetico come pochi.

 

Giacomo Ferrera