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Missione negli Stati Uniti (agosto 1958 - giugno 1959) - di Giacomo Ferrera

 

 I disegni che si trovano

in questa pagina sono

tratti da stampe dell'epoca

e rielaborati da  Teresa Ducci,

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo VII: Esami finali

Questi esami sono irti di difficoltà, perché presentano situazioni mutevoli e presuppongono la conoscenza di tutto il programma. Mi trovo davanti una carta topografica grande come un lenzuolo: tracciare il settore di una divisione nella difesa, fronte a nord est, senza testi, senza strumenti, senza dati... solo con le matite colorate. Per fortuna, ho in tasca una scatola di fiammiferi: la base della scatola corrisponde a 1 km sulla carta! E poi dicono che fumare fa male...

Delimito il settore, la fronte, la profondità, dispongo i reparti nelle varie zone e li indico con gli appositi segni convenzionali, segno con linee tratteggiate le ipotesi di impiego delle riserve e schiero arretrate le unità di fuoco, defilate spostate a destra, in modo da poter intervenire anche a favore della divisione che mi affianca.

Gli incarichi operativi vengono assegnati per sorteggio. Le altre volte, la sorte mi favorì. Nell'incursione in territorio nemico, effettivamente eseguita da una compagnia di elicotteri ( tanti da riempire due campi di calcio), mi toccò la custodia e il trasporto dei prigionieri; nell'esplorazione mediante elicotteri mi fu affidata la ricerca dei guadi sui grandi fiumi, ma adesso non si tratta di guadi, si tratta di guai. La sorte mi assegna il comando delle unità di fuoco ( artiglieria e missili) della divisione che ho appena disegnato; quindi sono solo mentre gli altri lavorano a gruppetti che si possono consultare.

Rifinisco il lavoro indicando nel particolare le postazioni, i posti munizioni, le vie di rifornimento e quelle di sgombero. Credo di aver finito, passo la carta al gruppo incaricato di elaborare il piano di fuoco. Approfitto della pausa per chiedere al centro meteorologico le previsioni del tempo in generale e le previsioni, a brevissima scadenza, del tempo locale.

Ricevo il piano di fuoco, l'esamino, ma bravi! Avete dimenticato fuoco di sbarramento, di repressione, di appoggio ai contrattacchi... tutto quello previsto sulle nostre posizioni, "inside the battle area", rifate tutto!

E finalmente ci siamo; anzi, siamo al giorno D, inizio delle ostilità.

Situation continued.

Le opposte reazioni sono in piena attività, ma noi non riusciamo ad avere il pieno dominio del cielo. Il solito nemico potervo e malvagio attacca in forze e la nostra aviazione non può fermarlo nonostante gli interventi ripetuti.

Situation continued.

Tengo la carta aggiornata sulla base dei messaggi che mi pervengono e segno le linee raggiunte da quel nemico diabolico. Occhio alle distanze: adesso il nemico è a tiro dei nostri missili da impiegare in concorso con l'aviazione. Siamo sottovento perché le correnti spirano dal Nord est: quindi, niente ogive nucleari, altrimenti la ricaduta radioattiva ci investirebbe in pieno. Batteria missili, con ogive convenzionali, contro obiettivi indicati: il fuoco!

Situation continued.

Gli effetti dell'intervento sono notevoli, ma non bastano. La progressione dell'avversario continua e ci fa realmente vivere lo svolgimento di quella operazione che ci impegna e che ci impone una pronta decisione a ogni arrivo di messaggio. Dove avverrà l'attacco principale?

Situation continued.

L'avversario giunto a portata dei nostri pezzi a lunga gittata. Indico gli obiettivi: fuoco! L'attaccante per il momento viene fermato a distanza.

Situation continued.

La divisione sulla nostra destra seriamente impegnata, con il nemico ormai a contatto. Intese e accordi con il comandante di quell'artiglieria già presi. E io restai, impiegando tutti i mezzi di fuoco disponibili e mi indica altri obiettivi. Qui ho pronti tutti pezzi da campagna, non ancora impegnati. Sugli obiettivi indicati: fuoco!

Situation continued.

È la situazione continua con vicende alterne e con problemi nuovi, finché ci si ritrova stanchi morti con la testa in fiamme. Ma l'attività non ha soste, i messaggi si susseguono. Mentre sto armeggiando con carte, matite, messaggi e ordini di intervento sento borbottare dietro di me un "very well"! mi volto e vedo il gruppo degli esaminatori che sta alle mie spalle; io, tutto preso nei miei compiti, fino a quel momento non me ne ero accorto.

Un bel momento si finisce e lasciamo le operazioni al punto in cui si è arrivati. Come al solito, il migliore fra noi è il giapponese di Hiroshima: quello è un fenomeno vivente! Zitto zitto, terminato il suo lavoro, si ritira nella sua stanza anni. Questi giapponesi stupiscono: appena verso la metà del secolo scorso uscirono dal medioevo e cominciarono ad assorbire la civiltà occidentale. La assorbirono così bene e così rapidamente che all'inizio di questo secolo sconfisse per mare e per terra l'impero russo. Durante il secondo conflitto mondiale vollero fare il passo più lungo della gamba, e mal gliene incolse; oggi si sono ridimensionati e hanno vinto il dopoguerra.

Gli americani, nel lavoro che ho descritto, sono rapidissimi, capaci di operare anche in stato di stanchezza fisica e mentale. Si narra che nelle infauste giornate del settembre 1943 due giovanissimi colonnelli americani, raggiunti segretamente a Roma per trattare l'armistizio, avessero proposto i nostri generali di occupare subito due aeroporti con due divisioni di paracadutisti, già pronte e allertate. L'uccellino informatore soggiunge che mentre i nostri discutevano e non sapevano che pesci prendere, quei due in un baleno tracciarono l'ordine di operazione, pronti a dare il via. Ma l'operazione non ebbe inizio perché i nostri dissero che i tedeschi avevano già occupato tali obiettivi... il che non era affatto vero ma non frughiamo in quel passato di vergogna.

 

Giacomo Ferrera