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Missione in Germania (1955) - di Giacomo Ferrera

 

 I disegni che si trovano

in questa pagina sono

tratti da stampe dell'epoca

e rielaborati da  Teresa Ducci

e Lucia Maria Izzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo I - Gli antefatti, Primavera a Cormòns

Il paese è ridente, solatio e pittoresco; le case raggruppate, come per lasciare spazio alla campagna. Qua e là in mezzo al verde, in questa primavera che marcia da sud verso nord alla velocità di 200 km al giorno, già esplode la fioritura degli alberi. L'abitato è disteso ai piedi del monte Quarìn, che poi non è un monte, ma una modesta collina morenica formatasi nell'ultima glaciazione dell’era quaternaria.  Oggi, alle falde di quella collina, si produce il miglior vino tocai dell'universo; qui è il paradiso terrestre del nostro ufficiale medico, che si è fatto amico di uno dei produttori. Come mai?

Tutto cominciò con una casuale offerta di vino locale che il medico ricambiò con un salame di Salerno, tenuto a stagionare in giare d'olio d'oliva: ognuno dei due prodotti esalta il profumo, il sapore dell'altro. Ogni volta il medico esce da quella cantina contento come un grillo e recita, secondo le sue convenienze, gli aforismi dell'antica e illustre Scuola Medica Salernitana.

Cormòns è anche la sede di due battaglioni operativi, di quelli cioè di pronto impiego, messi a copertura di un vasto tratto di frontiera che forma un saliente pericoloso (1) verso la pianura friulana. Uno di questi due battaglioni è comandato da me, maggiore di primo canto; così mi trovo alle prese con impegni diurni e notturni connessi con i nostri compiti: pattugliamenti, controlli al confine di Stato (ancora segnato da paletti e da qualche cartello), prove di allarme, esercitazioni varie, per non perdere l'abitudine. Queste attività sono del tutto sconosciute alle sonnecchianti guarnigioni all'interno dell'Italia.

La zona più battuta si trova tra Cormòns e Cividale, fra colline, boschetti, vigneti e prati in fiore. I soldati svolgono i loro compiti pronti come scimmie ammaestrate; poi, si radunano puntuali attorno alle cucine sistemate in mezzo alle fronde o aprono curiosi i pacchi delle razioni da combattimento, contenti come ragazzi in escursione. Con noi arriva, con la sua potente batteria, l'artigliere cooperante. Nei cassoni delle munizioni, oltre i cartocci granata, c'è posto anche per qualche buona bottiglia, che giunge a proposito durante l'intervallo di mezzodì. L'ambiente non appare così idilliaco quando piove o quando gela, ma bisogna prendere tutto come viene, secondo l' avvicendarsi delle stagioni, e saper cogliere quel che di bello offre la vita.

Questa località deve esercitare una certa attrazione. Difatti proprio qui vicino c'è la collina di Rocca Bernarda, dove viene prodotto il rarissimo “picolit”, il vino più prezioso del mondo; e qui ogni anno viene a farsene provvista lo scrittore americano Ernest Hemingway (il signore sì che se ne intende!),  amico della baronessa, memore del servizio militare prestato a Gorizia e da queste parti. Era tenente nel servizio sanitario del nostro Regio Esercito durante la prima guerra mondiale ed era altresì intenditore raffinato sia di vini sia di belle fanciulle. Per saperne di più, si legga il suo romanzo "Addio alle armi", ambientato a Gorizia e dintorni.

Su un'altra collina della zona c'è la casa del poeta friulano Pietro Zorutti. Nelle notti serene, quando passo da quelle parti, ricordo sempre una delle sue liriche più delicate:

 O ce biel luzor de lune                              oh che bello splendore di luna
che il Signor nus à mandat!                         che il Signore ci ha mandato!
A busà fantatis bielis                                 Il baciar belle ragazze
no' l'è un fregul di peciàt                            non è una briciola di peccato.

Oltre ai normali compiti da assolvere, mi devo occupare della guida dell'accompagnamento degli ufficiali stranieri destinati ad affiancare le loro unità alle nostre. Siamo in pieno periodo di guerra fredda tra est ed ovest: la cortina di ferro taglia in due la Germania, lambisce ad ovest La Cecoslovacchia, scavalca un'Austria neutrale e riprende vigore ai nostri confini orientali, ma cambia nome. Difatti, viene definita “cortina di latta” perché ritenuta di poca consistenza. Ma è sempre cortina e come tale segna un limite tra noi e le popolazioni balcaniche, imprevedibili e da sempre fonte di guai per tutti: per l'antica Roma, per Bisanzio, per l'impero Ottomano, per la Repubblica veneta, per l'Austria-Ungheria, per noi e per loro stessi.

Quando accompagno  i colleghi stranieri che arrivano di tanto in tanto, questi si rendono conto di trovarsi alle prese con i nostri stessi problemi operativi e mi chiedono chi siano stati quei pazzi che hanno tracciato questo disastro di confine che taglia in due una città e un cimitero. In questi casi, ho sempre la risposta pronta: l’ha tracciato il vostro governo, d'intesa con la “grande Jugoslavia”, potenza vincitrice per aver giocato due parti in commedia. Avete voluto castigare l'Italia è avete fatto il vostro danno.

Ricordo un colonnello di cavalleria americano totalmente privo di cavalli ma dotato di modernissimi carri pesanti: percorse con me tutta la zona da Monfalcone alle convalli del Natisone  e si mise le mani nei capelli per lo sconforto. Lo confortai offrendogli un pranzetto alla trattoria dell'Armistizio, in località Quattro Venti, dove appunto fu firmato l'armistizio tra Italia e Austria nell'agosto del 1866. Sin qui, con i Piemontesi, dovevano essere giunti i miei nonni soldati, appunto nella terza guerra d'indipendenza; da queste parti poi transitò mio padre, in trasferimento dal fronte del Carso a quello dell'Isonzo, tanto per cambiare. Oggi tocca a me, e respiro l'aria di casa.

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(1) Nella terminologia militare un saliente è una parte del teatro di battaglia che si proietta in territorio nemico. Si trova quindi circondato dal nemico su due o tre lati, il che fa sì che le truppe che la occupano siano particolarmente vulnerabili. La linea nemica che lo fronteggia è detta rientrante. Un saliente profondo corre il rischio di essere tagliato dal nemico sulla sua base formando una sacca, in cui gli occupanti rimangono isolati.

 

Giacomo Ferrera