home

eli

index


Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena e Parma
Scuola di Applicazione  - Diario 1934-1937 - di Giacomo Ferrera

 

I disegni che si trovano

in questa pagina sono stati

eseguiti dall'autore del testo

e rielaborati da Lucia Izzo

e Liliana Manconi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

index

 


Capitolo VI: De Bello Carnico - La battaglia di Venzone (1935)

Premessa

Questi sono i ricordi documentati delle grandi manovre di esercitazione del 1935, da noi vissute come allievi del primo anno di corso dell'accademia militare. Tali manovre si rivelarono ricche di preziosi ammaestramenti e di esperienze piacevoli quant'altri mai; si svolsero nella stagione estiva, ma non furono il sogno di una notte di mezza estate.

Antefatti e misfatti

Siamo reduci dagli impegni operativi assolti nelle Prealpi Carniche e ignari di far parte delle truppe azzurre, perché nessuno ce l'ha mai detto. Sostiamo per breve tempo sul ponte di Moggio Udinese, vi lasciamo un piccolo presidio per la sua difesa e quindi ripieghiamo verso sud, pressati dalle truppe rosse. Pensiamo che così sia, anche se la situazione non sembra chiara. Il Gallinaccio resta sul ponte con quel pugno di prodi che poi vengono sommersi dalla marea nemica. Difatti i rossi hanno valicato le Alpi Carniche e invaso le vallate che adducono in pianura. Noi ci fermiamo a sud di Gemona, sotto la solita pioggia. Al momento non abbiamo impegni operativi, quindi rizziamo le tende perché ormai è sera e ci buttiamo al riparo vestiti, bagnati fradici e stanchi morti, ma non importa: finalmente stanotte si dorme! Difatti, arrivano Bazèn e il Gallinaccio. Ma costui non era a Moggio? Diavolo di un uomo, è già qui! Entrambi urlano perché abbiamo disposto i fasci d'arme fuori tenda......
- Sono tutte infangate; domattina ce le ritroviamo lavate e pulite.
- Bisogna prendero le misure di sicurezza, con le armi al coperte e a portata di mane!
Vien voglia di rispondere che piove anche dentro le tende, che siamo appena rientrati, che siamo stanchissimi, che un'eventuale nemico può caricarci di peso e portarci via perché siamo morti di sonno. Ma perché quei due non urlano contro chi non ha organizzato la prescritta sicurezza in stazione che non è quella ferroviaria? Possibile che non si possa riposare un momento in santa pace? Comunque, ognuno di noi si alza, prende con sé il diletto armamentario, se lo mette al fianco o sopra o sotto o a portata di mano perché la notte è piena di pericoli; quindi si stende di bel nuovo e piomba in un sonno di pece, anche se piove attraverso i teli.

L'attacco notturno

Poco dopo, allarmi! Sveglia! Adunata per la partenza! Alle biciclette! In piena notte, gli automi scattano, arrotolano teli, affardellano zaini, saltano sulle biciclette senza perdere un'arma e senza sbagliare veicolo, sempre dormendo, perché si può dormire anche in movimento come i cavalli. Il Gallinaccio ci fa partire in fretta, senza passarci in rassegna: sa che siamo già rassegnati. Arriva qualche scroscio di pioggia, ma passa subito. Dove si va? Con cielo coperto e al buio non si può sapere; pare tuttavia che si vada verso sud. Ma no! All'imbocco di un paese, riesco a leggere Gemona: quindi siamo diretti verso Nord...... a Venzone...... di qui siamo già passati ripiegando...... ora abbiamo davanti la famosa stretta, che è già occupata dal nemico! Difatti, qualcuno spara sui fianchi della nostra colonna. Tuttavia si procede sulla scia del Gallinaccio che ci guida stando in testa alla formazione, in sella a una motocicletta fracassona, con tanto di faro acceso e di trombettiere al seguito. Gli spari ai nostri fianchi diventano sempre più intensi, da isolati diventano raffiche, ma noi procediamo imperterriti. Ecco: proprio davanti a noi si profila la stretta di Venzone. Ciò vuol dire che attacchiamo... in piena notte... in formazione di marcia preceduti da un bel faro acceso... siamo dunque nel dispositivo nemico, il quale nemico, protervo e malvagio, sembra che ci aspetti. Ora ci spara addosso da tutte le parti, anche dietro e agli spari si unisce il rombo delle artiglierie. Per completare l'opera, dall'oscurità sbuca un carroarmato che non deve essere solo, a giudicare dal rumore di altri cingoli. Il Gallinaccio, per non essere travolto, gira la moto, si ritira di gran carriera e sparisce nella notte, mentre noi ci buttiamo ai lati della strada o giù per le scarpate. Il nemico deve essere costituito da persone estremamente educate: non si sente alcuno che sghignazzi o che emetta suoni irriverenti nei nostri confronti.

Il ripiegamento

Anche se nessuno ce lo dice, è ormai chiaro che si deve prendere la via del ritorno, non certo carichi di gloria. Ci incolonniamo, sempre al buio e come si può, e "si pedala". La musica in marcia è sempre quella solita. Quando si sente gridare: "Cala! Cala!" È segno che bisogna rallentare e poi fermarsi perché davanti a noi si è formato un groviglio di caduti e di velocipedi; quando invece si sente gridare "Pista! Pista!" è segno che dietro di noi c'è qualcuno che ha i freni rotti e che non riesce a governare il veicolo in discesa neanche contropedalando. In tale contingenza, frequente e tragica, il tapino chiede a gran voce via libera e cerca di planare senza danno su qualche provvidenziale cumulo di ghiaia. In quel tempo non tutte le strade erano asfaltate. Si cercava quindi di cadere su un soffice cumulo di sabbia o almeno su un prato morbido. Nonostante tutte le difficoltà, riusciamo a ritrovare l'accampamento dal quale siamo partiti.

Già spunta l'alba di bianco vestita
sorge l'aurora dalle rosee dita!
Giunge la solita nuvola nera:
è una mattina che pare una sera.

Abbiamo già rifatto le tende. Adesso piove...... dormire? Meglio di no. L'allievo non dorme: riposa! Non mangia: consuma i pasti! Non beve: si disseta! Non va a spasso: si reca a diporto! Non eccede: si astiene! Quanta distinzione!

Ammaestramenti

Dire che questa notte non abbiamo imparato niente sarebbe affermazione errata. Abbiamo imparato alla perfezione come non si organizza e come non si conduce un attacco notturno. La lezione è stata bene assimilata ed è valida per una vita. La quale vita, nonché vitaccia che stiamo conducendo noi, è pienamente condivisa in tutto e per tutto dal nostro comandante di plotone, il tenente Alòia, che dipende direttamente dal Gallinaccio. Serio, impassibile, disciplinato, non fa un solo gesto di insofferenza o di impazienza; subisce tutto, osserva tutto e ha sempre con sé una borsa portacarte, quella trasparente da un lato, irta di appunti. Leggo l'intestazione di un foglio: carri di rottura, penetrazione in profondità... ah sono cose nuove, il tenente vede lontano... e siamo nel 1935! Egli ignora che in futuro sarebbe diventato capo di Stato Maggiore Generale. Quando egli, anni e anni dopo, giunse a tanto, ecco finalmente adottate nuove forme di addestramento, istituiti corsi di specializzazione particolari e di addestramento spinto: sopravvivenza, varie forme di lotta in ogni ambiente, il che rende pronti per l'impiego arditi, incursori, paracadutisti, alpini, lagunari eccetera. Nessuno mi leva dalla testa che queste nuove idee siano scaturite dalle esperienze negative delle grandi manovre del 1935-1936 da lui e da noi vissute e sofferte. Applicando questi nuovi sistemi e tenendo conto delle esperienze negative di una guerra malamente perduta, i nostri soldati, di solito imbranati e disadatti, furono trasformati in combattenti svegli, duri e tenaci, con risultati inattesi e spettacolari. Come mai? Ogni militare aveva scoperto di possedere qualità fisiche e mentali che ignorava di avere e ne era ben fiero.

Ma all'autorità politica questi nuovi super soldati non piacquero; perciò, tutta la faccenda venne poi ridimensionata per tornare ai soliti mammoni che ci guardano con occhi da vitello e con l'espressione della pecora, rassegnati al sacrificio. Chi in epoca lontana faceva l'apoteosi del sacrificio supremo e gratuito dimenticava che i soldati morti non servono più, che creano un vuoto doloroso nelle famiglie e una perdita di valori per la società. Chi in epoca lontana predicava che il numero è potenza, ignorava che la potenza è costituita da ben altri fattori, quali il progresso in ogni campo, la tecnica e la conseguente saggia applicazione, la preparazione del personale, lo spirito che anima i combattenti, il sistema produttivo che li rifornisce, il sentimento della nazione che sostiene lo sforzo, la genialità dei condottieri, la saggezza dei politici. Lo dico stando bene sull'attenti, a testa alta, con le braccia aderenti alla persona, mani aperte, dita unite e distese, pollice lungo la cucitura esterna dei pantaloni, altrimenti il Gallinaccio o Limone mi puniscono e mi spediscono a quota pipistrello. E urlo: possibile che in questo benedetto paese che si chiama Italia non si possa fare mai qualche cosa di serio e di stabile?

l'ipotesi nefanda

Supponiamo per un momento che l'attacco alla stretta di Venzone sia avvenuto in una guerra vera: ebbene, "ogniedune aglieve sarebbono tutte morte". E poi? Finite le ostilità, qualcuno avrebbe raccolto i nostri miseri resti e li avrebbe pietosamente sistemati da qualche parte perché, lungo la strada, avremmo costituito un ingombro piuttosto lugubre. E dopo? Il fatto sarebbe stato ricordato sia nei testi di storia come un evento glorioso, sia sul posto con un monumento con tanto di lapide. Su quei testi avrebbero meditato generazioni di studenti e a quel monumento avrebbero reso gli onori le generazioni di allievi dei corsi successivi al nostro. L'oratore ci avrebbe paragonato ai trecento eroi di Leonida, caduti alle termopili, sorvolando sul fatto che il confronto non regge per nulla.

Gran finale

Durante la prima guerra mondiale, taluni generali francesi furono denominati fabbricanti di vedove e di orfani; qualcuno aggiunse: e di zitelle. Fu per causa loro che al presidente Clemenceau detto "il tigre" scappò detto: "La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai generali" (1). Io mi permetto di aggiungere...... "specialmente per farla fare ai politici o ai capi di Stato che si vestono da generali". Alludo.

Però, quante cose si imparano in una notte di mezz'estate!
_______________________________________________________________

(1) aveva perfettamente ragione! La Francia, nel solo mese di agosto del 1914, perse alla1 battaglia delle frontiere ben 300.000 uomini, afflitti dall'uniforme di panno, pantaloni rosso fiamma e cappotto blu, con un carico individuale di 32 chili contro il 29 dei tedeschi. L'imperturbabile Gen. Joffre, comandante in capo, (al quale dal fronte Nord il generale Lanzerac segnalava: presenza di tedeschi in Belgio...... 5 agosto tedeschi a Liegi... pattuglie tedesche alla nostra frontiera... aviatori riferiscono colonne in marcia dal Belgio verso la Francia...) non diede alcun peso alle notizie. Ma al 23 agosto l'armata di Von Bulow attaccò dal Belgio: era la famosa ala marciante su Parigi, 30 km al giorno e combattendo. Impegnato anche il corpo di spedizione inglese. Ma inglesi e francesi non si capivano: mancavano gli interpreti, i collegamenti semplicemente non esistevano... strano, ma vero! Joffre non diede ordini, ma chiese opinioni sulla situazione e poi non trovò di meglio che sostituire Lanzerac con D'Eperney. Per fortuna, queste cose in Italia non sono mai successe... Particolare patetico: fra i caduti, numerosi cadetti appena dimessi dall'accademia militare di St. Cyr che avevano affrontato il primo combattimento in guanti bianchi e chepì della grande uniforme, secondo la tradizione. Dite quel che volete, ma sotto sotto le ammiriamo.


Giacomo Ferrera