Le donne di Ulisse


 

Il mito di Ulisse

iDevice icon INTRODUZIONE
Nella vastità del racconto, tra le innumerevoli avventure e tematiche che costituiscono la materia dell’Odissea, vari episodi sono legati a figure femminili che entrano in relazione con Ulisse, svelandone aspetti particolari. Nell’Odissea le donne sono molto numerose e hanno una personalità ben definita con ruoli determinanti per lo svolgimento del racconto: si pongono in rapporto diretto con Ulisse, per il quale provano sentimenti a volte contrastanti e mai completamente corrisposti, ne condizionano temporaneamente le azioni e le decisioni, ma non riescono mai a distoglierlo del tutto dal desiderio di tornare da Penelope e dalla sua famiglia.
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Calipso

Nella remota isola di Ogigia, vive Calipso una bellissima ninfa il cui nome significa “colei che si nasconde”. Innamorata di Ulisse, lo trattiene per ben sette anni, ma è poi costretta per volere degli dei a lasciarlo ripartire ed anzi ad aiutarlo a preparare la partenza. L’eroe, che in un primo momento sospetta un inganno, accetta poi con entusiasmo rinunciando all’immortalità e all’eterna giovinezza, promessagli in dono se fosse rimasto con lei.

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Libro V, vv. 214-224 (trad. R.Calzecchi Onesti - Einaudi)

E rispondendole disse l’accorto Odisseo

“O dea sovrana, non adirarti con me per questo:

so anch’io, e molto bene, che a tuo confronto

la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla:

è mortale, e tu sei immortale e non ti tocca vecchiezza.

Ma anche così desidero e invoco ogni giorno

Di tornarmene a casa, vedere il ritorno.

Se ancora qualcuno dei numi vorrà tormentarmi sul livido mare1

sopporterò, perché in petto ho un cuore avvezzo2 alle pene.

Molto ho sofferto, ho corso molti pericoli fra l’onde e in guerra:

e dopo quelli venga anche questo!”3

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(1) Allude all’ostilità del dio del mare Poseidone, infuriato contro Ulisse perché gli aveva accecato il figlio Polifemo.
(2) Abituato
(3) Ulisse è pronto ad accettare le grandi sofferenze profetizzate da Calipso per il suo ritorno in patria


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Nausicaa

Figlia di Alcinoo, re dell'isola di Scheria - probabilmente Corfù - dove vive il popolo dei Feaci, Nausicaa è una dolce e delicata fanciulla, che viene utilizzata dalla dea Atena come strumento di salvezza per Ulisse. La sua apparizione è breve, limitata al sesto libro; ma la sua funzione è importantissima: accogliere benevolmente il naufrago sconosciuto e condurlo nel palazzo paterno, dove l'eroe riceve dal re ospitalità e aiuto. Il personaggio di Nausicaa è uno dei più celebri dell'Odissea, ed è diventato un simbolo di freschezza e di grazia: spontanea, ingenua, fiduciosa e generosa, la sua caratteristica principale è il candore. Trovandosi improvvisamente di fronte a questa adolescente che ride e gioca con le ancelle, Ulisse ne conquista il cuore affascinandola con parole sapienti che sanno far leva con delicatezza sulle aspirazioni della giovane (il suo desiderio di sposarsi presto) ed anche sull'adulazione (la paragona ad una dea) per ottenere ciò che vuole.

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Libro VI, vv. 145-159 (trad. R. Calzecchi Onesti - Einaudi)

Così, pensando, gli parve cosa migliore,

pregar di lontano, con parole di miele,

ché a toccarle i ginocchi non si sdegnasse in cuore la vergine1.

Subito dolce e accorta parola parlò:

“Io mi t’inchino, signora: sei dea o sei mortale?

Se dea tu sei, di quelli che il cielo vasto possiedono,

Artemide2, certo, la figlia del massimo Zeus,

per bellezza e grandezza e figura mi sembri.

Ma se tu sei mortale, di quelli che vivono in terra,

tre volte beati il padre e la madre sovrana,

tre volte beati i fratelli: perché sempre il cuore

s’intenerisce loro di gioia, in grazia di te,

quando contemplano un tal boccio muovere a danza.

Ma soprattutto beatissimo in cuore, senza confronto,

chi soverchiando coi doni3, ti porterà a casa sua.

Mai cosa simile ho veduto con gli occhi,

né uomo, né donna: e riverenza a guardarti mi vince.4 (...)"

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1. affinchè non provasse sdegno in cuor suo ad essere toccata.
2. E' la bellissima figlia di Zeus che rappresentava la purezza e la castità.
3. Allude alla dote che, secondo l'usanza greca, l'uomo doveva portare alla famiglia della sposa.
4. Ulisse sottolinea il profondo senso di rispetto che la fanciulla gli ispira

 

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Circe

Circe è una dea, figlia del Sole e della ninfa Perseide, che vive in una magnifica reggia dell'isola di Ea (identificata con il monte Circeo, che da lei prende nome), con quattro ninfe, immortali come lei, che le fanno da ancelle. Dotata di straordinari poteri magici, tramuta in porci i compagni di Ulisse, come è solita fare con tutti gli uomini che giungono da lei. Circe rappresenta la dimensione primordiale dell'istinto e della sensualità, che rende gli uomini - che non riescono a superarla - simili ad animali. L'incontro tra Circe e Ulisse - consapevole dei limiti umani di fronte alla potenza divina ed aiutato da Ermes - pone in risalto un'altra importante dote dell'eroe: il suo essere un vero capo, nella dimostrazione di affetto, generosità e senso di responsabilità nei confronti dei suoi compagni. Ecco come reagisce alle "avances" della maga.

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LIBRO X, vv. 335-347
(traduzione R. Calzecchi Onesti, Einaudi)
Così parlava, ma io ricambiandola dissi:

"O Circe, come m'inviti a esserti amico,

tu che porci m'hai fatto nel tuo palazzo i compagni,

e me ora qui avendo, con inganno m'adeschi

a entrare nel talamo,1 a salire sul tuo letto,

per frmi poi, così nudo, vile e impotente?

Non vorrò certo salire il tuo letto,

se non hai cuore, o dea, di giurarmi il gran giuramento2

che nessun sortilegio3 trami ancora a mio danno".

Così dicevo, e lei subito giurò come volli,

e quando ebbe giurato, compiuta la formula,

allora solo di Circe salii il letto bellissimo.

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1. letto nuziale

2. il solenne giuramento sulla Terra, sul Cielo e sul fiume infernale Stige che vincolava anche gli dei

3. Incantesimo

 


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Penelope
Figlia di Icario e Policaste, Penelope è la moglie di Ulisse e la madre di suo figlio Telemaco: rappresenta all'interno dell'Odissea, l'ideale di donna del mondo omerico, basato sui valori della famiglia e della casa. Bella, regale, pudica, fedele e astuta, attende per vent'anni il ritorno del marito, mostrando un' animo forte e risoluto: insomma una moglie degna di cotanto eroe. Il libro XXIII rappresenta l'incontro tra i due sposi e il riconoscimento finale di Ulisse da parte di una Penelope assai prudente e accorta, che mette alla prova il marito su un segreto che solo lui può svelare. Infatti Penelope continua a nutrire dubbi sull'identità di quello sconosciuto che asserisce essere Ulisse: a volte è convinta di riconoscerlo, altre volte no; ha paura di sbagliarsi ed ha già subito troppe delusioni. Perciò, quando Ulisse chiede di preparargli il letto, Penelope coglie l'occasione di metterlo alla prova e dà alla nutrice un ordine impossibile da eseguire: solo Ulisse sa qual è il segreto. Perquesto l'eroe reagisce con ira e descrive il modo in cui ha costruito il loro letto nuziale: è la prova che Penelope aspettava. L'emozione per la certezza del riconoscimento del marito le scioglie finalmente il cuore.

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LIBRO XXIII, vv 163-189; 202-208
(traduzione R. Calzecchi Onesti - Einaudi)

Dal bagno uscì simile agli immortali d’aspetto;

e di nuovo sedeva sul seggio da cui s’era alzato,

in faccia alla sua donna, e le disse parola:

“Misera, fra le donne a te in grado sommo

Fecero duro il cuore gli dèi che han le case d’Olimpo;

nessuna donna con cuore tanto ostinato

se ne starebbe lontana dall’uomo, che dopo tanto soffrire,

tornasse al ventesimo anno nella terra dei padri.

Ma via, nutrice,1 stendimi il letto: anche solo

potrò dormire: costei ha un cuore di ferro nel petto”.

E a lui parlò la prudente Penelope:

“Misero, no, non son superba, non ti disprezzo,

non stupisco neppure: so assai bene com’eri

partendo da Itaca sulla nave lunghi remi.

Sì, il suo morbido letto stendigli, Euriclea,

fuori dalla solida stanza, quello che fabbricò di sua mano;

qui stendetegli il morbido letto, e sopra gettate il trapunto,

e pelli di pecora e manti e drappi splendenti”.

Così parlava, provando2 lo sposo: ed ecco Odisseo

Sdegnato si volse alla sua donna fedele:

“O donna, davvero è penosa questa parola che hai detto!

Chi l’ha spostato il mio letto? Sarebbe stato difficile

Anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona,

e, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo.

Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore,

senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un gran segreto

nel letto ben fatto, che io fabbricai, e nessun altro.

(…)

Ecco, questo segreto3 ti ho detto: e non so,

donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormai

qualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede d’olivo”.

Così parlò, e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia ed il cuore,

perché conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva;

e piangendo corse a lui, dritta, le braccia

gettò intorno al collo a Odisseo, gli baciò il capo...

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1. si tratta di Euriclea, l'anziana nutrice di Ulisse, che l'ha già riconosciuto dalla cicatrice nella gamba.

2. mettendo alla prova: solo lei e un'ancella oltre ad Ulisse conoscono il segreto del letto.

3. Ulisse aveva ricavato il letto nuziale direttamente da un ulivo piantato in giardino intorno a cui aveva poi costruito la camera

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Pagina a cura di Liliana Manconi - Immagini di Lucia Maria Izzo

Ulisse tra mito, arte e letteratura