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Tradizioni popolari

a cura di Adele Chiappisi

Ritengo che questo forum ci abbia arricchito! Alternando argomenti frivoli ed impegnati, nessuno può negare che scambiando i nostri messaggi abbiamo avuto modo reciprocamente di conoscere ricette di cucina, proverbi, modi di dire, filastrocche di ogni parte della nostra bella Italia.
Allora ho pensato: perchè non raccontarci anche alcune tradizioni? Possibilmente legate alle festività dell’anno? E magari anche ricercare l’origine di tali tradizioni?

In Sicilia la commemorazione dei defunti ….è come una festa per i bambini!!!!!
Pensate che i genitori, forse per far sentire vicini ai bimbi i nonni scomparsi, la vigilia del 2 novembre preparano dei vassoi con regali e anche dolciumi e frutta secca, che i piccoli troveranno al loro risveglio e che credono abbiano portato i "morti".
Un dolce caratteristico sono delle statuette di zucchero, che vengono chiamati pupi di zuccaru.
poi naturalmente c'è la frutta "martorana": dolcetti di marzapane delle forme più svariate.

Sono del Gargano (FG),anche da noi si conserva il culto dei morti considerato come una festa.
La sera del 1 Novembre i ragazzi girano per le case del paese chiedendo "l'anima dei morti", anticamente ricevevano castagne, melograni ecc., adesso invece si danno caramelle e dolci in genere. Poi prima di andare a dormire appendono la calza vuota alla porta e se sono stati bravi la mattina successiva la troveranno piena di dolci. A riempirla saranno stati ovviamente i cari defunti.

A Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, (ricordate “Nuovo cinema Paradiso"? Il cinema sorgeva in una piazza di questo paese) la festa di San Martino è l’occasione per rispolverare una antica tradizione d’origine balcanica, un tempo molto diffusa presso tutti i paesi di origine albanese, che oggi sopravvive soltanto a Palazzo Adriano.

Secondo questo costume, parenti e amici si fanno carico della costituzione della casa dei giovani che si sono sposati nell’anno corrente e una volta anche del rifornimento del vitto necessario per l'anno in corso.
In mattinata i bambini sfilano per le strade portando cesti e vassoi, adorni con tovaglie riccamente ricamate, contenenti i tradizionali “panuzzi di San Martino” ed altri dolciumi. I genitori dello sposo regalano “u quadaruni” [grande pentolone di rame], quelli della sposa “a brascera” [sempre in rame, per riscaldare la casa], la comunità e gli amministratori del comune sfilano per il paese accompagnati dal suono della banda locale e la sera, a conclusione della giornata dedicata al Santo, visitano i “S.Martini” (tavole imbandite con tovaglie finemente ricamate, dove vengono esposti i regali e dolciumi, in particolare i “panuzzi” di S. Martino) dei novelli sposi e fanno loro un dono come augurio per la nascita della nuova famiglia.

Scrivendo un proverbio nel 3d dei PROVERBI mi è tornata in mente un'altra tradizione dell'antica Sicilia e come tutte le tradizioni è legata ad una ricorrenza e si finisce sempre "a mangiare"
Per san Martino, si ammazza lu porcu e si sazza lu vinu, dice il proverbio.
Anticamente, nei paesi della Sicilia le famiglie allevavano il maiale e, appunto, l'11 novembre, si uccideva il maiale e si facevano prosciutti, salami, cotechini, zamponi, gelatina e persino il sangue veniva usato per fare il sanguinaccio.
A queste attività partecipavano tutti i componenti della famiglia e poi si cucinavano le salsicce e si innaffiavano con il vino novello appena spillato.

Nella parte di Toscana in cui son nata e vivo - scrive una forumiana -  in autunno "va" molto il castagnaccio, che si fa semplicemente mescolando farina di castagne (deve essere genuina però!), acqua, un poco di olio d'oliva e, a piacere, aghi di rosmarino, o pinoli e uvetta, o scorze d'arancia... poi si inforna tutto e si mangia! è cotto quando sopra fa le "grinze".
 
p.s. anche da noi si ammazzava il maiale, e si facevano le stesse identiche cose che in Sicilia. La cucina unisce!!!

Solenni celebrazioni per l'Immacolata,  messa  celebrata dal dal cardinale a S. Francesco, omaggio floreale del sindaco di Palermo alla statua dell'Immacolata. Il sindaco partecipa alle solenni celebrazioni per la festività dell'Immacolata. Di mattina si  reca nella Basilica di S. Francesco d'Assisi di Palermo, dove assiste alla Santa Messa presieduta dall'Arcivescovo della città. Successivamente, come da tradizione, i partecipanti alla funzione religiosa  in corteo si recano alla volta della Basilica di S. Domenico, che si affaccia su una piazza, al centro della quale troneggia una stele con in cima una statua dell’Immacolata. Il sindaco della Città  porta alla statua dell'Immacolata un omaggio floreale: una corona di fiori, che viene collocata ai piedi della statua da un vigile del fuoco. Quindi avviene  la consueta consegna degli scudi d'argento.  Un rito che si ripete da oltre trecento anni, proseguito poi con la firma del registro della chiesa, da parte del Sindaco, un atto simbolico per suggellare il patto di collaborazione tra la Chiesa e l'Amministrazione della Città. Nelle famiglie poi la vigilia dell’Immacolata dà inizio agli incontri prenatalizi: serate trascorse tra parenti ed amici con giochi  di società e di carte e naturalmente con una bella cena. È d’obbligo lo “sfincione”.

Santa Lucia... Non so se qualcuno di voi conosce "la cuccìa".........
La cuccìa è un dolce a base di grano che si mangia per santa Lucia.
Si dice che alcuni secoli fa in Sicilia ci fu una lunga carestia e la gente moriva di fame. Naturalmente si fecero delle preghiere per chiedere l'aiuto divino e proprio il giorno di santa Lucia (13 dic) arrivò nel porto di Palermo una nave carica di grano.
Il grano fu subito distribuito e la gente, affamata, per non perdere ancora del tempo per macinarlo e trasformarlo in farina e poi in pane o pasta, lo cucinò così com'era e così si sfamò!!!!!!!!!!!
Da allora, in segno di riconoscenza a santa Lucia, ritenuta l'artefice del miracolo, in quel giorno non si mangiano pane e pasta, ma appunto la cuccìa condita però con creme varie o di latte o di ricotta. Nella stessa giornata, proprio perché non si mangia pasta, si preparano gli arancini di riso, le crocchi di patate, le panelle……….insomma tutto si conclude con una fenomenale scorpacciata.

Il giorno di Santa Lucia nel bresciano (proom!!!)

La vigilia di Santa Lucia 12-12 nel bresciano è tradizione preparare un piatto con della farina gialla e del latte da lasciare sul davanzale delle finestre di ogni casa ove vi siano bambini. Durante la notte Santa Lucia col suo asinello visita le case e ringrazia del cibo lasciato per Lei regalando giochi e balocchi ai piccini ma non solo.

Il nataleccio

A Gramolazzo (Lu), come in altri paesini vicini, la vigilia di Natale, la sera, al suono dell'ave Maria, è tradizione dar fuoco ai natalecci.
I natalecci sono grandi cataste di rami di abete (un tempo di ginepri, ora non più perchè sono alberelli in via d'estinzione) tessuti, da ragazzi, giovani e da esperti anziani, intorno ad un'altissima pertica.
Questi altissimi fuochi, situati per la maggior parte in vistosi colli, vengono accesi per riscaldare Gesù Bambino che nascerà nella gelida e nevosa notte!

Mi viene in mente un'altra tradizione del Natale ad Agrigento... si chiamano le "novene".
Per le strade del centro storico si allestiscono dei piccoli presepi e dei giovani vestiti alla foggia dei pastori cantano delle nenie in dialetto accompagnandosi con le cornamuse.

Dolci di Natale prettamente siciliani sino i buccellati: quelli industriali, che possiamo trovare in pasticceria, appariscenti, colorati ed arricchiti da frutta candita e quelli caserecci, piccoli, poco appariscenti, neanche tanto gradevoli alla vista.

L’albero più alto del mondo

Dal 1981 un gruppo di volontari eugubini  provvede all’allestimento di quello che è conosciuto come L’albero di Natale di Gubbio.
Sulle pendici del Monte Ingino viene ogni anno innalzato un albero,  che è costituito da corpi illuminanti di vario tipo che  realizzano un effetto cromatico assolutamente particolare ed unico:  oltre 150 punti luminosi delineano la sagoma di un Albero di Natale alto 700 metri con il corpo centrale disseminato di oltre 200 luci multicolore e con alla sommità installata una stella della superficie di circa 1.000 metri quadri disegnata da oltre 200 punti luminosi.
I lavori per l’allestimento degli impianti e delle strutture costituenti l’Albero vengono portati avanti nei mesi di settembre/dicembre di ogni anno e culminano il 7 Dicembre con una cerimonia di accensione.
L’Albero resta illuminato per tutto il periodo natalizio e viene disattivato dopo l’Epifania.

Molte tradizioni della Sicilia sono legate alle ricorrenze religiose. Per il Corpus Domini nei piccoli centri sopratutto, nelle strade dove sarebbe passata la processione, le famiglie allestivano dei piccoli altari e si faceva a gara per adornarli con le tovaglie da tavola più preziose, con fiori e petali di fiori.
Quando arrivava la processione in sacerdote si fermava con il preziosissimo ostensorio e faceva una benedizione, intanto i bimbi lanciavano dai cestini petali di fiori.

Puglia - Un'altra tradizione di un paese a 20 Km, San Marco in Lamis è quella delle fracchie la sera del Venerdì Santo. Praticamente la fracchia è un tronco d'albero parzialmente svuotato e riempito di tanta legna fino a formare un tronco di cono. Vengono accese e sfilano davanti alla Madonna per illuminare il suo cammino.
Vi assicuro che è uno spettacolo fantastico.

San Giuseppe  In alcuni paesi della Sicilia c'è la tradizione di fare "le tavole".
Una famiglia decide di fare un voto a San Giuseppe e, a grazia ricevuta, per la sua festa scioglie la promessa. Si allestisce in una camera della casa un tavolo enorme, apparecchiato con le tovaglie più belle, sulla parete un quadro di San Giuseppe.
Si cucinano e si espongono sul tavolo tutti i cibi: le verdure hanno la meglio: frittate di carciofi, fave, piselli, cavolfiori, asparagi di montagna, dei grandi pani decorati, pesce e altre verdure cucinate in pastella e fritte, pasta con le sarde, pasta con i broccoli in tegame (Niente carne, perchè siamo in quaresima) Accanto il tavolo dei dolci: pignolata, torrone di mandorle, sfinge di SAn Giuseppe, con o senza crema di ricotta.
Il tavolo ornato di rami di arancio con zagara, da un lato tutte le primizie: Ciliege, Pesche, Fragoline......
Si invitano 12 poveri, che rappresentano gli apostoli, si apparecchia un altro tavolo con le stoviglie migliori e i padroni di casa servono a tavola questi poveri. Poi tutto quello che rimane viene loro distribuito.
I vicini di casa vanno in visita, assaggiano qualche dolce e lasciano un'offerta in denaro o in natura. Anche tutto questo verrà diviso a quei 12 commensali.

La pentolaccia

Tradizione molto sentita dai pugliesi era quella della “pentolaccia”; infatti, il giovedì di mezza quaresima le famiglie si riunivano in campagna per rompere un recipiente di creta (la pentolaccia) che veniva riempito di noci, fichi secchi, mandarini, castagne del prete, lupini, fave e ceci arrostiti, frutta secca e, col passar del tempo anche di caramelle e cioccolate. Così riempita, la pignata veniva posta ad un paio di metri da terra e gli adulti, bendati e armati di bastone, dovevano cercare di romperla per il divertimento dei più piccini. Questa usanza era un pretesto per ritrovarsi, cantare, ballare e mangiare il calzone di cipolla (focaccia ripiena di verdura, cipolla e pesce o tonno), taralli, frittate e bere il buon vino pugliese.

S.Sebastiano

La "panarda" si fa per la festa di S.Sebastiano, patrono di Porciano (paesino sperduto della Ciociaria di duecento anime ...se mi legge Giancarla mi uccide ) il 2 giugno. Tre giorni prima della festa, alcune donne si radunano nella sala parrocchiale che si trasforma in laboratorio per l'impasto del pane. Si fanno quattro "impastate", per ognuna si utilizzano otto "scifoni" dentro cui si lavora: farina, acqua, lievito e patate (precedentemente lessate). Si preparano ogni volta 280-300 pagnottine. Altre donne accendono otto forni, "munniano", infornano e sfornano il pane. Gli uomini sistemano il pane cotto in un'altra sala della chiesa. La sera c'è la cerimonia della benedizione e la distribuzione ai porcianesi. Il pane che resta viene distribuito dopo la processione ai forestieri e una parte utilizzato per la sagra del formaggio pecorino che si tiene il pomeriggio della festa.

Munnio: bastone con stracci che serve per il forno a legna... credo per abbassare la temperatura quando è troppo alta.

Il pane

Nella parti più interne e più autentiche della Sardegna il pane della sposa assume le caratteristiche di un'opera d'arte: viene lavorato sino a diventare bianchissimo e, poi, spizzettato e aggraziato come una statua rococò, un pane regalato da una mamma di "vicinato" il giorno del  matrimonio. Dopo anni rimane ancora lì, testimone di resistenza e durezza.
In Calabria, si perpetua la tradizione dei Mustazzuoli, panpepati modellati a mano con cui si fanno ex voto e oggettini, ricordo di pellegrinaggi e feste, secondo un'inventiva tutta mediterranea.
In gran parte del sud si conservano ancora le tradizionali figure del presepe, fatte di mollica di pane policroma.

Per Pasqua  in Campania si preparano dei grossi pani a forma di treccia o di ciambella che racchiudono un uovo sodo colorato di rosso, simbolo di fertilità.
 

L'anno contadino è tuttora ritmato dalla preghiera, dalle benedizioni, dalle offerte che servono a propiziare abbondanza e felicità. In occasione della mietitura si svolgono nelle campagne delle feste, in cui i giovani agricoltori fanno a gara a chi miete più in fretta una parte del campo; segue quindi l'offerta di vari pani fatti all'antica, in segno di ringraziamento per il buon raccolto.

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