ex cathedra

La favola bella
che ieri m'illuse, che oggi non m'illude più, alla faccia di D'Annunzio

C’era una volta, in un Paese vicino vicino, un simpatico ministro della Pubblica Distruzione. “Che cosa posso distruggere oggi?” si domandava solerte ogni mattina. E ogni mattina puntualmente si realizzava, distruggendo qualche ultimo residuo della Cultura Nazionale.
Un bel giorno si svegliò con una trovata che gli parve straordinaria: distruggere gli esami di riparazione. Ve li ricordate? Erano quelli che i ragazzi davano nelle scuole superiori a settembre, per cercare di rimediare quelle materie in cui a giugno avevano avuto qualche problema. Orbene, una volta aboliti gli esami di riparazione, che cosa successe ai ragazzi? I meschini continuarono ad avere gli stessi problemi a giugno, ma si videro privare della possibilità di risolverli a settembre. Con il risultato che rimasero in “debito”: promossi sì (ci mancherebbe altro: il simpatico ministro e quelli ancor più simpatici che lo seguirono non amavano le perdite di tempo, figuriamoci far perdere un anno!) ma con qualche… pendenza. E qui venne il bello. Nessun ministro, ahimé, aveva solide nozioni di economia: la logica “bancaria”, inesorabile e precisa, fece scattare i suoi biechi meccanismi. I debiti accumularono interessi passivi, si ingrandirono, diventarono delle voragini spaventose e incolmabili. Rimbalzavano da un anno all’altro sempre più grossi, sempre più onerosi, con il rischio di schiacciare il povero studente sotto il peso dell’anno scolastico.
Ma anche a questo ci fu rimedio. Un altro bel giorno un altro simpatico ministro ebbe un’altra simpatica trovata distruttiva. “Che cosa posso distruggere oggi?” si domandò come sempre, con il solito senso di responsabilità civica. E la risposta non si fece attendere: “Ma certo! Quel poco che resta della dignità degli insegnanti!”. E fu così che nacquero i corsi di recupero, i cosiddetti IDEI, ovverosia l’ultima opportunità concessa ai docenti per dimostrare di essere anche decenti, per far vedere al mondo che il loro insegnamento fosse utile ed efficace. Cioè: se tu, caro prof., non sei in grado di insegnare una cosa a un ragazzo nel tempo delle tue normali lezioni, non ti preoccupare. Io ti concedo più tempo, ti do la possibilità di RECUPERARE. Ti pago, per carità, ma attento: gli IDEI sono l’ultima spiaggia, se non ci riesci neanche così….
Al povero docente non restavano che due miserabili soluzioni: o dichiarare fin dall’inizio che i suoi alunni erano tutti bravi, che nessuno – nemmeno il prof. – aveva bisogno di recuperare, ed evitare così l’umiliazione degli IDEI, oppure autopunirsi facendo sì i corsi di recupero, ma – badate bene – concludendoli in 6-8 ore con un TUTTI PROMOSSI, TUTTI OK, altrimenti si dava la zappa sui piedi.
Come finì la storia? Non saprei, non è ancora finita, e chissà se finirà. Ma sarà la rabbia, sarà l’età, sarà l’arteriosclerosi che viaggia inarrestabile tra i neuroni di noi insegnanti…. mi è venuta una forma di femminismo a oltranza, una morbosa simpatia per le donne, per il genere femminile, tanto che tendo a femminilizzare tutto. Anche “GLI IDEI”, che come “LE IDEE” suonerebbe molto, ma molto meglio.

Paola Lerza