ex cathedra

RICORDI   DI   SCUOLA

di Giacomo Ferrera*

Nell'anno di grazia 1919 terminai a pieni voti l'asilo infantile di Campora, fondato dal Sacerdote Giacomo Masnata e diretto da Suor Pia, e fui iscritto alla classe prima elementare di S. Stefano. Mi sentivo qualcuno!
Poco prima in quella stessa classe aveva insegnato la Maestra Natta, che ebbe scolare le mie zie e mia madre. Si dice che seguisse non tanto il sistema Montessori quanto quello dell'insigne pedagogo svizzero Pestalozzi (1746-l827): difatti pare che somministrasse bacchettate secche e convincenti con il pieno consenso dei genitori i quali dopo, venuti a sapere del castigo, rincaravano la dose.
Nonostante questi precedenti scoraggianti, andai a scuola sereno e contento sia perché mi trovai con bambine e bambini della mia stessa età, sia perché dovendo stare in aula non dovevo sbrigare tutti quei lavori che ogni momento mi venivano affidati a casa.
La prima sensazione che mi colpì entrando in aula, tenuta chiusa durante l'estate, fu l'odore di quaderni, di libri usati, di registri, di gesso, d'inchiostro nonché di gabinetto. Quello stesso odore lo annusai dopo in non so quante scuole.
La seconda esperienza fu invece estremamente favorevole: la Maestra, benché "foresta", era giovane, bella, aveva una voce limpida, chiara. Parlando, ci insegnava termini nuovi e mai sentiti proprio come Suor Pia!
Anche i prigionieri di guerra austriaci che erano stati a lavorare presso Checchi do Cuna parlavano "foresto", cioè tutto differente da noi: mi parlavano e mi insegnavano a dire: - die Pfeife( la pipa), die Sonne (il sole), der Mond (la luna)... - sotto l'occhio benevolo di un carabiniere di guardia. Ma questo è un altro discorso.
La scuola elementare di S. Stefano era costituita da un unico stanzone con due finestre, un armadio e un gabinetto con un unico posto... All’occorrenza, era meglio andare sui prati o nei boschi.
La cattedra aveva da un lato la lavagna e davanti le file di banchi. In fondo all'aula, la stufa ed il banco dell'asino, per mancanza di posti assegnato a me e all'amico, incaricati all’occorrenza o di accendere la stufa o di sturare il cesso con un apposito bastone. Ma da quale parte l'avevamo impugnato la volte scorsa?
Non c'era bidello. Figuriamoci! Ma chi sarebbe costui? Qui non serve: scuola autogestita! Alle pulizie provvediamo noi scolari e scolare, di tanto in tanto.
Una sola Maestra era l'insegnante titolare, e aveva tre classi da governare: prima, seconda e terza elementare maschile e femminile, in una unica aula. Quanti eravamo? Molti... aula zeppa.
La mattinata era dedicata alla 2a ed alla 3a classe, sempre con l'impegno contemporaneo di tutti quanti gli scolari. Esempio: problema per la terza, spiegazioni per la seconda; grammatica per la terza, calligrafia per la seconda...
Il passeggero che si fosse avventurato nei dintorni al mattino avrebbe sentito cantilenare in coro diretto a bacchetta:
- sette per quattro ventotto, sette per cinque trentacinque...
- sette per sette quarantanove, scrivo nove e riporto quattro.
- Anna andò al mercato.
- Anna: nome proprio di persona, genere femminile, numero
singolare;
- andò: voce del verbo andare, modo indicativo, tempo passato remoto, persona terza singolare;
- al: preposizione articolata;
- mercato: nome comune, genere maschile, numero singolare.
E chi fosse poi passato nel pomeriggio sempre nei dintorni avrebbe sentito sillabare: CE-CE, CE-GI, CE-RO, CI-NA, NA-NO...
Più di una volta la Maestra ci faceva la lezione di prima classe nel bosco, seduti sul muschio morbido, con il sillabario sulle ginocchia. Ancor oggi per me certe lettere dell'alfabeto hanno il sapore delle fragole e dei mirtili mangiati sillabando.
Cantavamo l'inno di Mameli, tutto, e la Leggenda del Piave, giunta fresca fresca a guerra finita. In classe avevamo la nostra Bandiera, nostra perché comperata con i nostri risparmi e parte con le offerte delle famiglie: era quella di quel tempo, con tanto di stemma, e ne eravamo fieri.
Finita la terza elementare, per frequentare la quarta e la quinta bisognava andare a Isoverde o a Campomorone. Troppo lontano... e poi per la strada i bambini imparano male...
Quindi, ripetere la seconda e ripetere la terza, come toccò a me ed a tutti o quasi. Però, quando vennero in visita il Signor "Rispettore" e la Signora "Rispettrice" ci trovarono preparati e pronti.
Intanto la bella Maestra non passò inosservata e convolò a nozze, celebrate nella chiesa di S. Stefano, chierichetti io e il mio compagno di banco.
Per alcuni giorni arrivò una Maestra supplente, giovanissima ed alle sue prime esperienze. Ne profittarono i soliti tre o quattro maleducati e la disciplina andò a farsi benedire.
Ma, ecco tornare la Maestra titolare. Informata del degrado della disciplina, si trasformò sùbito in una pantera furiosa: ripristinato il banco dell'asino in tutto il suo significato, promossi all'istante come luoghi di punizione il sottoscala, la legnaia, dietro la lavagna, il gabinetto, l'aula stessa.
- Ti faccio sùbito passare la voglia di disturbare durante la lezione: in castigo! Qui! In ginocchio per terra e mani in alto!
Quella Maestra, bravissima sia come insegnante sia come organizzatrice, non poteva sfuggire all'attenzione delle autorità scolastiche. Difatti poi, a quanto seppi, fu promossa Direttrice.
Quando la mia famiglia si trasferì a Genova, ebbi la possibilità di terminare le elementari. Il primo contatto con i cittadini, per me che venivo dai "bricchi", non fu sereno, sempre per quel senso di superiorità che ha il cittadino sulla gente di campagna.
Ma quella superiorità si dimostrò vuota e basata su niente: a scuola, per i Maestri, ben altri erano i valori da prendere in esame! Mica si guardava se uno di noi veniva dalla Caffarella o da Portoria! Difatti, proprio allora presi il volo.
Se oggi dopo tanti anni mi chiedessero di fare la graduatoria dei migliori Maestri e dei professori più valenti avuti da scolaro e da studente, metterei ai primi due posti Suor Pia dell'asilo infantile di Campora e la Maestra Candida Claudi della scuola elementare di S. Stefano.
I principi di base li ho imparati là.
I LIBRI SCOLASTICI meritano una nota a parte: stampati su materiale povero, a fascicoli cuciti alla meglio, male incollati... Ma il contenuto era ottimo, da imparare tutto e per bene, perché libri e quaderni costavano!
- Vediamo quali compiti avete fatto. Quelli fino a pagina quattro? Ma qui nel quaderno non vedo i compiti di pagina uno... Non hai fatto la PREFAZIONE, capito? Copiare tutto come esercizio di calligrafia!- (Così diceva mia madre)
Da allora ho odiato le PREFAZIONI. I titoli dei libri di testo erano:
- Albe di vita
- Bontà e sapere
- Nuovo testo sussidiario (e dentro c'era tutto: grammatica, aritmetica, storia, geografia...)
- Compiti per le vacanze... (Previsti anche quelli! Costavano centesimi settanta).
I disegni, sempre bellissimi ed espressivi, erano del famoso pittore Attilio MUSSINO, illustratore di PINOCCHIO (il migliore in assoluto) e del Corriere dei Piccoli.
Un libro bellissimo, una specie di enciclopedia formato ridottissimo e riccamente illustrata era "IL MIO SAPERE", già allora introvabile. Qualche rara copia circolava tra i banchi e si faceva a gara per poterla esaminare.
Le poesie riportate nei libri di testo scolastici erano deliziose, belle, garbate, sempre intese ad educare. Furono composte da Giulio Tarra, Renato Simoni, Zietta Liù, Lina Schwarz... Angiolo Silvio Novaro venne dopo di noi.
Il ritmo di quei versi delicati ci affiora alla mente ancor oggi e ci riporta a quell'epoca ormai così lontana.
Sui tetti il gatto miagola
sull'uscio abbaia il cane...
Passa l'acqua sotto il ponte
e lì ferma non può stare...
Le copertine dei quaderni erano illustrate: una riportava il combattimento a Castagnevizza del Carso (1917), un'altra l'arrivo delle truppe americane in Francia (19l8), un'altra ancora I Costumi d'Italia: la Sardegna...
La carta dei quaderni assorbiva l' inchiostro e ingigantiva le inevitabili macchie. Uno strano odore di segatura emanava dai quaderni nuovi...
La copertina che ci interessò più di tutte fu quella dei Campioni Italiani del Ciclismo. Eccoli!
Costante Girardengo
Gaetano Belloni
Ugo Agostani
Antonio Sivocci
Mancava Gremo, quello che attaccava le volate e che poi veniva sùbito raggiunto e superato dalla coppia Girardengo-Belloni. I miei favoriti!

G.F.Giugno 2008

 

* Giacomo Ferrera, nato nel 1913, è stato studente nei lontani anni ’20 e '30. La sua testimonianza di antico alunno, così preziosa e rara, è stata da lui resa alla veneranda età di 95 anni. Onore alla sua lucida vitalità e gratitudine, per averci reso partecipi di questi “pezzi” di vita d’altra epoca ed aver ricordato che ex cathedra siamo stati tutti!