ex cathedra

Commission impossible*

Una volta agli esami di maturità si rideva per le castronerie dei candidati. Si rideva sui lupini che annegavano tutti nel naufragio della Provvidenza verghiana o sulla casa del Nespolo diventata inspiegabilmente “la casa del Pero”, si rideva sul superuomo di Nietzsche squalificato ad antenato di Superman. Si rideva bonariamente, e lo si faceva per divertirsi e per ammazzare la noia in quelle interminabili e soffocanti mattine di luglio, in quelle aule scolastiche dove l’aria sembrava una melma pesante intrisa di quotidiana stupidità.

Oggi invece si ride sulle castronerie della burocrazia ministeriale, e si ride per non piangere. Dal grottesco, all’incivile, allo stucchevole, al demodé, quest’anno il Ministero non si è fatto davvero mancare niente. Eccovi qualche chicca, estrapolata antologicamente, fior da fiore, da una non più vispa Teresa che a forza di correr giuliva tra l’erbetta si ritrova sì a gridare “l’ho presa”… ma non si tratta più, propriamente, di una farfalletta.

Orbene, veniamo al dunque. Si potrebbe partire da quello Star Treck (sì sì, con la “c”!) della traccia della prima prova (ma ne facessero una giusta, un anno che fosse uno!), o dalle riunioni dei presidenti di commissione, in cui la normativa viene esposta, declamata, sbandierata, pontificata, dimenticando forse che – in media – i presidenti sono andati a scuola, sanno leggere e conoscono la nostra lingua madre. Si potrebbe obiettare che il linguaggio della normativa non è sempre così chiaro, o meglio, è chiarissimo sulle banalità, ma diabolicamente oscuro sulle questioni spinose. Sulle quali, manco a farlo apposta, gli ispettori glissano, limitandosi a leggere i commi e i sottocommi. Bella forza. Nessuno che si senta di rilevare come alcune cose potrebbero essere modificate senza danno e perfino migliorate. Perché mai, ad esempio, con tutte le premure - anche eccessive – che la scuola riserva all’ “utenza” non si può comunicare preventivamente ai candidati quanto tempo verrà dedicato alla terza prova? Cui obest non farlo? Non è forse un diritto della persona conoscere quanto tempo della propria esistenza dovrà essere dedicato a un esame, se è possibile? E in questo caso, davvero, quid obstat? Altra cosa: perché mai, poi, gli ispettori vanno predicando che le materie oggetto di terza prova devono essere deliberate la mattina stessa della prova, mentre i verbali ministeriali recitano a chiare lettere che vanno stabilite il giorno prima? Hanno ragione gli ispettori, stavolta, mentre i testi ministeriali fanno acqua. Ma tutto questo transeat, che il bello deve ancora venire.

Siamo tecnologici, tecnocratici e webutenti, siamo digitali, telematici e multimediali. Ma siamo anche terribilmente e tristemente stupidi, inefficienti e incapaci. È grottesco che l’INVALSI, prestigioso istituto statistico del Ministero, si trinceri dietro portali, password e piattaforme online per poi cadere miseramente sull’ABC. Succede, allora, che invece di selezionare a campione per gli Esami di Stato uno studente di quinta liceo scientifico ne selezioni uno di quinta ginnasio, e metta online da compilare per i presidenti un modulo obsoleto, in cui il credito scolastico del candidato è ancora computato in ventesimi anziché in venticinquesimi, come si usa da tre anni a questa parte. Perché il modulo è riciclato, e il numero “2010” è sovrastampato, e lo si vede benissimo. Che si diano i numeri passi, ma un istituto di statistica dovrebbe almeno darli con più stile. Così, con la grancassa delle lettere di istruzioni per l’uso, minuziose fino al maniacale, siamo alle soglie del comico. E si ride, si ride per non piangere sulle castronerie ministeriali, in queste interminabili e soffocanti mattine di luglio, in queste aule scolastiche dove l’aria sembra ancora una melma pesante intrisa di quotidiana stupidità.

*Pubblicato su "Repubblica" - edizione di Genova - 11/07/2010

Paola Lerza