ex cathedra

Tenerezza
 

Questi cuccioli d’uomo, che ci sono affidati, regalano, inconsapevoli, emozioni forti e durature.
Lo chiamerò Gianni, alto, per la sua età, fragile, gli occhi smarriti, a volte scintillanti…rare volte.
Se ne stava nel suo mondo. Mi sono chiesta, spesso, di cosa era popolato. Quali immagini, quali voci e parole lo penetravano? Lui stava lì, come un gigante buono, capitato in un paese di chiassosi piccoli uomini. Lavorava molto in casa, aiutava la famiglia numerosa, c’era bisogno anche di lui. A scuola faceva quello che poteva. Il suo scrivere e leggere si riduceva ad un sillabare suoni e segni, ma un giorno riuscì a scrivere il suo nome….da solo. Che conquista! I suoi occhi al mio “bravo” entusiasta, sprizzarono una di quelle rare scintille e un sorriso strano apparve sulla sua bocca, un sorriso, il cui significato mi fu chiaro solo dopo. Esami di quinta, foglio protocollo, testo. Lui avrebbe scritto quello che voleva, quello che poteva, naturalmente. Consegna il compito, di nuovo quel sorriso, quasi complice. Lo apro, certa di trovare qualche lettera e il suo nome. Un cuore rosso enorme, occupava tutto il foglio e dentro c’era scritto: “Alla mia maestra Marisa. Gianni”.
Potrebbe sembrare e forse lo è, un episodio da libro cuore, per questo sono stata molto in dubbio se scriverlo o no. Spesso ci sentiamo sminuiti come professionisti, poco scientifici e tecnici nel raccontare la parte emotiva del nostro lavoro, ma alla fine ho deciso per il sì. Lo devo a Gianni.

Marisa Galiani