ex cathedra |
Vita nella classe, classe nella vita |
Sono venuti in questi giorni a
trovarci a scuola molti dei nostri “ex”. Non c’è che dire: fa piacere a
un insegnante rivedere nella vita quelli che erano stati i suoi ragazzi
nella classe, vedere che lavorano, che fanno l’università, che comunque
se la cavano bene. Anche quelli che a scuola stentavano, anche quelli
sui quali non scommettevamo troppo… “Ho un colloquio di lavoro, ho preso
28, domani ho un compitino, ho una nuova ragazza…” E’ bello, tutto
sommato, che questi ragazzi sentano il bisogno di venircele a dire,
certe cose: nessuno li obbliga, eppure a ogni piccolo – o grande –
successo eccoli lì, a raccontare la loro vita a quelli che un tempo
erano i loro “carcerieri”… dovete scusarci, ma i momenti di gioia di un
insegnante sono anche questi. Ho sempre detto ai miei alunni che la
cultura è quello che resta veramente, quello che forma l’uomo e che non
si cancella nemmeno dopo che il tempo avrà cancellato le nozioni. Ora mi
domando se la stessa importanza potranno averla i ricordi di scuola,
anche quando non ci saranno più i luoghi e le persone. Che cosa resta di
noi ai nostri ragazzi? Chi saremo noi per loro un domani? Persone?
Numeri? Nulla? Lasceremo in loro una traccia? O il tempo della scuola
verrà travolto dal tempo della vita? Beh, vedendo i nostri “ex” devo
dire che quello che facciamo assume ai miei occhi più senso, e la
dimensione quotidiana e microscopica della classe si dilata, assume le
proporzioni di un macrocosmo, di un vero banco di prova per la vita.
Paola Lerza |