ex cathedra

Storie dai banchi di scuola degli anni '30

di Giacomo Ferrera*

Regio Ginnasio-Liceo "CRISTOFORO COLOMBO"
Genova anni 1926 - 1934

Eravamo proprio alunni modello? Non direi, perché commettevamo pure noi le nostre birbonate: eravamo giovani e pieni di vita.

In una giornata di sole, di quasi estate, sotto al davanzale di un'aula fu collocato un cicalino elettrico, collegato con fili invisibili all'operatore seduto nei banchi, immobile, attento e disciplinato. Durante la lezione uggiosa, lo stridore inconfondibile della cicala si levò verso il cielo, proprio fuori della finestra dell'aula: cre cre cre... cre cre cre...
- Mandate via quella bestiaccia! - Urlò il professore furibondo; ed allora il solito zelante si alzò e con gesti plateali finse di scacciare l' importuna, la quale a sua volta finse di allontanarsi con un bel finale: Créeeeee...
Il gioco venne ripetuto, ma poi fu smesso quando ci si accorse che a qualcuno in cattedra era venuto qualche sospetto.

Un'altra bella occasione per fare scherzi ce la offerse il professore quando mandò due di noi a prendere lo scheletro dall'armadio di scienze naturali per la lezione di anatomia. Il povero scheletro, parzialmente coperto con un lenzuolo svolazzante dal quale facemmo spuntare un teschio veramente lugubre, fu portato a passeggio per i corridoi e per il cortile interno, con sosta davanti alle finestre della fila di banchi delle ragazze. Qualche urlo di spavento fece accorrere bidelli, segretaria e Preside, ma i due necròfori stavano entrando in aula, ringraziati dal professore per il servizio prestato.

Il prof. Surra era un profondo erudito e non trascurava occasione per spargere grani di sapienza, neppure all'inizio dell'anno scolastico, quando faceva il primo appello in aula.
- Pedemonte Guìlia! Vediamo: Guìlia, dall'altendeutsch WILD, che significa selvatico, silvestre... che per noi latini la pronuncia è GUI, da cui il nome GUIDO, che vuol dire uomo della selva. Quindi Guìlia potrebbe significare Silvana o Silvia. Quanto a PEDEMONTE, forse prima era Füssberg…
- Io non sono Guìlia, mi chiamo Giulia... Silenzio in aula. Proibito ridacchiare.

prof. Zerilli, quando doveva spiegare la riproduzione degli esseri viventi, indossava l'abito da sera. Diceva che si trattava del fenomeno più interessante in assoluto: la procreazione, che è qualcosa di sacro e di divino, argomento da trattare con delicatezza e con rispetto.

Il prof. Pàdoa, quando si metteva a tracciare calcoli sulla lavagna, voltava le spalle agli alunni in aula i quali così sfuggivano al suo controllo e ne approfittavano. Un giorno, mentre era tutto intento a spiegare le equazioni di secondo grado con due incognite e stava tracciando i vari "passaggi" per giungere alla soluzione, la classe si era divisa in due fazioni, l’una contro l'altra armata. Utilizzando i banchi come navi da guerra, furono allestite due flotte, al comando di due Ammiragli, che si attaccarono a colpi di sperone. Il fracasso richiamò l'attenzione di tutti e chi accorse sul posto trovò un vero pandemonio. I provvedimenti presi furono energici: i due "Ammiragli” furono cacciati da tutti gli "Istituti del Regno", e sugli equipaggi piovvero castighi esemplari a valanga.

Un giorno passarono alcuni suonatori ambulanti davanti al "Colombo" mentre noi eravamo in attesa all'ingresso, ed allora ci venne la bella idea: dare un po' di soldi a quei poveretti affinché venissero a cantare sotto alle nostre finestre durante le lezioni. Difatti, all'ora stabilita ecco suonatori e cantanti intonare a gran voce il "Tango delle Capinere"; cacciati dal portinaio furente, eccoli davanti alle Officine Elettriche dove riprendono il canto interrotto. Cacciati ancora, eccoli di bel nuovo nella curva stradale davanti alla chiesa del Carmine, proprio davanti alle finestre delle aule. Cacciati definitivamente, andarono nei pressi del mercato del Carmine, da dove giunse ancor chiaro il canto in cui "II bandolero stanco scende la Sierra misteriosa sul suo cavallo bianco..." Bravissimi! Erano stati pagati bene ed assolvevano l’impegno come da parola data.

All'epoca, non c'erano i telefonini per "aiutare" nei compiti in classe, ma esisteva la posta aerea: una pallina di carta con il testo da tradurre volava dalla finestra, il compare all'esterno raccoglieva e provvedeva; infine, un menestrello con voce malinconica ma ben chiara cantilenava fra l’indifferenza dei pochi passanti:
-Caesar iussit fieri e non fecit fàcere... Vieni con me Ninetta... Venerunt consulturi... “Senza dir nulla, tradurre: nulla re dicta”... Addio, mia bella, addio... “Res frumentaria sono le vettovaglie, i viveri”... “Ab ovo: da principio”… “Si quis, e non: si aliquis”... E la Violetta la va la va...

Saremmo stati "matusa”, "secchioni", secondo i giovani di oggi, ma una cosa è certa: non eravamo scemi, né schiavi dell'alcool né tossicodipendenti. La droga c'era e circolava, ma non fra noi, che pur sapevamo dove procurarla e chi la forniva; ma non ne avevamo bisogno, perché ci bastava la carica di vita di cui ci aveva dotato Madre Natura, e ce n'era d'avanzo.

G.F.Giugno 2008

 

*Giacomo Ferrera, nato nel 1913, è stato uno studente liceale nei lontani anni ’30. La sua testimonianza di antico alunno, così preziosa e rara, è stata da lui resa alla veneranda età di 95 anni. Onore alla sua lucida vitalità e gratitudine, per averci reso partecipi di questi “pezzi” di vita d’altra epoca ed aver ricordato che ex cathedra siamo stati tutti!