Quella mattina la
professoressa Matilde Sacchi avrebbe spiegato Talete. L'aveva preparata
con cura, quella lezione di inizio d'anno, andando a raccogliere le
testimonianze antiche e - soprattutto - consultandosi a lungo con il
collega di greco, il professor Antonio Staglino. Aveva fatto anche le
fotocopie, per distribuirle alla classe, pochi giorni prima: non era
sposata, lei, aveva tempo, faceva sempre tutto in anticipo... Il
professor Staglino, mentre lei tutta infervorata gli aveva parlato della
cosa, l'aveva guardata con un'aria vagamente assente, con una specie di
sogghigno scettico che non le era piaciuto affatto... ma insomma,
avrebbe anche potuto essere un po' più partecipe, lui... fra colleghi di
corso... il programma era così interessante, si potevano fare tante
cose..
Quella mattina la professoressa Matilde Sacchi avrebbe spiegato Talete.
Talete, che immaginava la Terra come un disco piatto, galleggiante su
un'enorme massa d'acqua, l'Oceano. Anche nel mito segreto della
professoressa Sacchi la terra galleggiava, ma su un grande, grandissimo
prato di margherite. Quelle su cui, trent'anni prima, il professor
Antonio Staglino... Tonino... allora studentello di poco più che vent'anni,
l'aveva gettata ridendo in un innocente gioco d'amore, in un tiepido
pomeriggio di primavera.
Si erano conosciuti
all'università: lei era appena una matricola, lui era già al terzo anno
di lettere. Le era piaciuto subito, anche se talvolta aveva
l'impressione di non essere presa troppo sul serio da lui, con quegli
epigrammi che le scriveva in latino... Era un bel ragazzo. Biondo, occhi
azzurri, modi da gentiluomo un po' stemperati nella goliardia
studentesca del tempo. Trent'anni. Ma quelle margherite erano ancora
fresche, nel mito della professoressa Sacchi, erano splendide e
rugiadose come quel pomeriggio di primavera, all'ombra dei platani. Se
chiudeva gli occhi per un minuto e aspirava poteva sentirne ancora il
profumo, come di terra bagnata e buona. E sostenevano ancora, come
l'Oceano di Talete, un mondo galleggiante di sogni e di illusioni, di
attese trepidanti davanti all'ingresso della facoltà, per vedere passare
Tonino, con quella sua andatura dinoccolata e un po' studiata nel suo
giaccone di panno verde. Anche quel pomeriggio fra le margherite
indossava il giaccone verde, con un paio di pantaloni di velluto grigio
e un maglione dal disegno sottilissimo, mélange... ma lei lo aveva visto
bene, quando lui l'aveva attratta a sè per il primo bacio, e anche ora,
dopo trent'anni, ricordava perfettamente ogni singolo filo dell'ordito.
Quello che non ricordava era come fossero giunti là, lei e Tonino: ogni
volta si sforzava di ricostruire gli antefatti, di ricomporre le
cause... nulla. Non c'erano antefatti, nè cause. C'era solo il prato con
le margherite e basta. Lo aveva sognato tante volte, quel prato in quel
pomeriggio di primavera... e quando il sogno era diventato ricorrente,
quasi un'ossessione, lei stessa aveva messo in dubbio che quella visione
fosse stata davvero, un giorno, realtà, e si domandava se non fosse
piuttosto un fantasma del suo cervello malato. Allora diventava critica
con se stessa, e con lucidità esasperante dissezionava il passato,
analizzava i nodi focali della sua vita... e ogni volta si ritrovava più
affranta e più sola.
Quella mattina la
professoressa Matilde Sacchi avrebbe spiegato Talete. Anche allora, fra
le risate e le parole sussurrate sull'erba, in mezzo agli steli spezzati
e alle corolle schiacciate, avevano parlato di Talete. Lei, inebriata
dalla vicinanza di Tonino, con la pelle percorsa dal brivido che le dava
la carezza di lui, con le narici impregnate dall'odore caldo della
campagna a primavera, gli aveva detto che era facile immaginare la Terra
come l'aveva immaginata Talete, cullata dolcemente dalle onde di
un'enorme massa d'acqua. Ma lui si era irrigidito a sentir parlare di
filosofia, e le aveva risposto che come filosofo preferiva Epicuro,
quello del piacere. La battuta non le era piaciuta affatto. Lo avrebbe
voluto più serio, Tonino, più romantico... Epicuro... che assurdità!
L'avrebbe capita soltanto qualche giorno più tardi, l'importanza di
Epicuro, quando vide il giaccone verde di Tonino avvinghiato alla
mantella beige di un'altra studentessa del corso, e udì la sua voce
ridere come aveva riso fra le margherite. Aveva pianto, allora, la
studentessa Matilde Sacchi, e aveva guardato scendere le sue lacrime,
che si staccavano dalle guance e le cadevano sulla camicetta, e
sembravano i petali delle margherite che lui, in quel pomeriggio di
primavera, aveva contato per lei.
Quella mattina la
professoressa Matilde Sacchi avrebbe spiegato Talete. Con gesto nervoso,
raccolse le fotocopie che aveva posato sul tavolo della sala insegnanti.
Nel portarsele al petto, notò delle macchie umide sulla camicetta, e si
sentì il volto bagnato e caldo. Ebbe un attimo di panico... poi, pian
piano, sollevò lo sguardo vitreo da dietro gli occhiali, nel timore di
essere stata scoperta da qualche collega. Nessun problema, per fortuna:
gli occhiali, che aveva dovuto mettere vent'anni prima (peccato! i suoi
occhi verdi stavano tanto bene senza!) si rivelarono uno schermo
prezioso e lei benedisse, una volta tanto, l'indifferenza dei colleghi.
Raccattò dunque i suoi fogli e uscì dalla sala insegnanti, nel viavai
del corridoio. Si appoggiò al muro, respirò profondamente e chiuse un
attimo gli occhi. Quando li riaprì, si vide venire incontro il professor
Staglino, accompagnato da un ragazzotto sui 17-18 anni.
- Ciao Matilde! Ti
presento mio figlio - fece lui - Sai, oggi non va a scuola, deve andare
dal medico e prima mi ha accompagnato... è sempre bello fare due
chiacchiere con i figli... Ora va', Piergiorgio, che poi devi anche
andare in centro con la mamma.
Il ragazzotto
sorrise, mormorò una frase di saluto e si allontanò di corsa. La sua
figura troppo esile non aveva nulla di quella paterna, e la sua corsa
scomposta era ben lontana dall'andatura dinoccolata di Tonino... La
professoressa Sacchi rimase per qualche istante a guardarlo, come
inebetita; quando si riebbe e aprì la bocca per parlare col collega,
egli era già entrato in sala insegnanti e si preparava l'occorrente per
la lezione, conversando con l'insegnante di matematica. Allora lei ebbe
un leggero giramento di testa, rivide per un attimo il prato con le
margherite e fece istintivamente qualche passo indietro, barcollando.
Urtò con un piede un cestino dei rifiuti e senza esitazione,
meccanicamente, vi lasciò cadere il plico delle fotocopie.
Poi si avviò verso
la sua classe. A spiegare Talete.
Paola Lerza |