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La luna nella letteratura italiana

Icona iDevice Attività di lettura
  • G. Leopardi, Alla Luna
  • G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (vv.1-20)
  • L. Pirandello, Ciàula scopre la luna (parte conclusiva)
  • I. Calvino, La distanza della Luna (parte iniziale)

Leggere con attenzione i testi riportati:


1 - G. Leopardi, Alla luna

 


O graziosa luna, io mi rammento

Che, or volge l’anno, sovra questo colle

Io venia pien d’angoscia a rimirarti:

E tu pendevi allor su quella selva

Siccome or fai, che tutta la rischiari.                  

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci

Il tuo volto apparia, che travagliosa

Era mia vita: ed è, nè cangia stile,

O mia diletta luna. E pur mi giova                    

La ricordanza, e il noverar l’etate

Del mio dolore. Oh come grato occorre

Nel tempo giovanil, quando ancor lungo

La speme e breve ha la memoria il corso,

Il rimembrar delle passate cose,                         

Ancor che triste, e che l’affanno duri!



2 - G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga                                        
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.                                              
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?                  
3 - L. Pirandello, Ciàula scopre la luna
 
Si mosse sotto il carico enorme, che richiedeva anche uno sforzo d'equilibrio. Sì, ecco, sì, poteva muoversi, almeno finché andava in piano. Ma come sollevar quel peso, quando sarebbe cominciata la salita?
         Per fortuna, quando la salita cominciò, Ciàula fu ripreso dalla paura del bujo della notte, a cui tra poco si sarebbe affacciato.
         Attraversando le gallerie, quella sera, non gli era venuto il solito verso della cornacchia, ma un gemito raschiato, protratto. Ora, su per la scala, anche questo gemito gli venne meno, arrestato dallo sgomento del silenzio nero che avrebbe trovato nella impalpabile vacuità di fuori.
         La scala era così erta, che Ciàula, con la testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all'ultima svoltata, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su, non poteva veder la buca che vaneggiava in alto.
         Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava di sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su, su, su, dal ventre della montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù lassù si apriva come un occhio chiaro, d'una deliziosa chiarità d'argento.
         Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria cresceva, cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato.
         Possibile?
         Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d'argento.
         Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.
         Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?
         Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.
         Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna... C'era la Luna! la Luna!
                                     
 
4. I. Calvino, La distanza della luna
 
Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicino alla Terra .
Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano : le maree che lei Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia .


Lo so bene! - esclamò il vecchio Qfwfq - voi non ve ne potete ricordare ma io sì.
L` avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quando era il plenilunio - notti chiare come di giorno, ma d` una luce color burro -, pareva che ci schiacciasse; quando era luna-nuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento: Ma tutto il meccanismo delle fasi andava diversamente che oggigiorno : per via che le distanze del Sole erano diverse, e le orbite, e l` inclinazione non ricordo di che cosa ; eclissi poi, con Terra e Luna cosi appiccicata, ce ne erano tutti i momenti : figuriamoci se quelle due bestione non trovavano modo di farsi continuamente ombra a vicenda .
L` orbita ? Ellittica, si capisce, ellittica : un po’ ci s`appiattiva addosso e un po’ prendeva il volo . Le maree, quando la Luna si faceva più sotto, salivano che non le teneva più nessuno . C` erano delle notti di plenilunio basso basso e d` altamarea alta alta che se la Luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo ; diciamo : pochi metri . Se non abbiamo mai provato a salirci ? E come no ? Bastava andarci proprio sotto con la barca, appoggiarci una scala a pioli e montar su .
Il punto dove la Luna passava più basso era al largo degli Scogli di Zinco .
Editor iDevice Riflessioni
La Luna, "unica luce della notte" ed eterna consolatrice dell'uomo, appare come confidente e amica al giovane Leopardi nella lirica a lei dedicata (1819).
Per il poeta maturo del Canto notturno (1829-30) è invece un mondo lontano, impassibile, depositario di una saggezza totale ma assolutamente incomunicabile.
Essa recupera il suo valore catartico per il povero minatore Ciàula, che nella "scoperta" inattesa dell'astro notturno conquista una dimensione umana.
Calvino, che ama partire da presupposti scientifici per le sue esilaranti divagazioni fantastiche, propone una luna quasi "umanizzata" e familiare.

1. Rintracciare nei testi proposti le parole-chiave atte a giustificare quanto sopra espresso

2. Cogliere nel testo di Calvino le espressioni ironiche

3. Nel brano di Pirandello, mettere a confronto l'oscurità della miniera con quella della notte

4. Eseguire un'analisi comparativa dei due testi leopardiani