Da qui all'eternità: filosofia e Cristianesimo

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Icona iDevice PRESENTAZIONE DEL TEMA

Nella riflessione filosofica antica e in quella cristiana si indaga sul valore del tempo in sé - e della vita umana - soprattutto come condizione transitoria che prelude alla dimensione eterna e immutabile del post mortem. E proprio la morte, dunque, diventa il tema centrale della speculazione, non in quanto fine ultimo, ma come "punto di non ritorno", ineluttabile discrimine fra tempo ed eterno.

Il motivo del memento mori ("ricordati che devi morire") è ben presente all'arte medievale e a quella, più recente, dell'epoca della Controriforma, con i suoi macabri richiami alla caducità della carne, della bellezza e dei valori terreni in genere. 



Chiesa dei Disciplini di Clusone (BG)
DANZA MACABRA, 1485 
CHIESA DEI DISCIPLINI DI CLUSONE (BG)
 
L'affresco qui presentato è un particolare di un ampio ciclo pittorico dipinto sulla facciata dell'Oratorio dei Disciplini (o di S. Bernardino) di Clusone. Attribuita al pittore locale Giacomo BORLONE e datata al 1485, l'opera riveste una notevole importanzaper quanto riguarda l'iconografia della morte nel tardo Medioevo, in quanto vi si trovano raggruppati i tre più significativi temi del macabrop: l'incontro dei tre vivi e dei tre morti, il Trionfo della Morte e la Danza Macabra.
In alto, nel timpano non visibile nelal riproduzione, da un sarcofago si levano trionfalmente tre scheletri; ai loro piedi si inginocchiano i potenti della terra, regnanti, prelati, monaci, offrendo ricchi doni.
Nella fascia inferiore si sviluppa la Danza Macabra in cui vari personaggi, ben individuabili nei differenti stati sociali, una donna, un disciplino, un contadino, uno studente, si alternano a scheletri ghignanti.
La tecnica, attenta alla resa dei dettagli, meno alla verosimiglianza anatomica, denuncia ancora contatti con la cultura tardogotica.
 
 
(Armanda Bertini)

H. Holbein il Giovane, Danza Macabra, 1538
H. HOLBEIN IL GIOVANE, DANZA MACABRA, 1538
L'incisione fa parte di una serie di 45 scene sul tema della Danza Macabra realizzate de Holbein e pubblicate nel 1538. In esse troviamo numerosi scheletri che ghermiscono personaggi diversi per età e ceto sociale.
Nell'esempio qui proposto sono presenti cinque figure: al centro due scheletri, muovendosi in modo grottesco, danzano freneticamente alla musica del flauto suonato da un altro scheletro a sinistra; sulal destra un cadavere in decomposizione, con le viscere che fuoriescono, si unisce al ballo, accentuandone l'aspetto raccapricciante, così come il corpo avvolto in un sudario che emerge in basso da una tomba.
Da notare l'acuto realismo unito allo spirito immaginifico, secondo lo stile tipico dell'artista tedesco, noto in particolare per il ritratto degli Ambasciatori con anamorfosi del teschio, conservato alla National Gallery di Londra.
(Armanda Bertini)
Icona iDevice INTRODUZIONE AI TESTI
La morte non deve fare paura, secondo Seneca, perchè non è un momento improvviso ma un processo naturale e graduale: si muore un po' ogni giorno; l'importante è saper impiegare bene il tempo che ci è stato dato. La vita non è dunque né lunga né breve, ma giusta, e il tempo è l'unica cosa che veramente ci appartiene, perchè possiamo scegliere come impiegarlo. Per Agostino, straordinariamente moderno nella sua riflessione, il tempo è una percezione soggettiva, una coesistenza permanente di memoria (il passato), intuizione (il presente) e attesa (il futuro), e solo l'eternità in Dio esiste davvero. Più tormentato, Petrarca guarda con amarezza e delusione il trascorrere della vita e teme il giudizio che lo attende oltre la morte per un'esistenza di peccato.

Icona iDevice TESTO 1: SENECA

Epistulae ad Lucilium, I, 1-3

Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterit; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reparabilia, imputari sibi cum impetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere.

De Brevitate vitae, I, 3-4; II,1

3 Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit, ubi nulli bonae rei impenditur, ultima demum necessitate cogente, quam ire non intelleximus transisse sentimus. 4 Ita est: non accipimus brevem vitam sed fecimus, nec inopes eius sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae opes, ubi ad malum dominum pervenerunt, momento dissipantur, at quamvis modicae, si bono custodi traditae sunt, usu crescunt: ita aetas nostra bene disponenti multum patet.

II. 1 Quid de rerum natura querimur? Illa se benigne gessit: vita, si uti scias, longa est.


Icona iDevice TESTO 2: AGOSTINO, CONFESSIONES XI, 14
Nullo ergo tempore non feceras aliquid, quia ipsum tempus tu feceras. et nulla tempora tibi coaeterna sunt, quia tu permanes. at illa si permanerent, non essent tempora. quid est enim tempus? quis hoc facile breviterque explicaverit? quis hoc ad verbum de illo proferendum vel cogitatione comprehenderit? quid autem familiarius et notius in loquendo commemoramus quam tempus? et intellegimus utique cum id loquimur, intellegimus etiam cum alio loquente id audimus. quid est ergo tempus? si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio. fidenter tamen dico scire me quod, si nihil praeteriret, non esset praeteritum tempus, et si nihil adveniret, non esset futurum tempus, et si nihil esset, non esset praesens tempus. duo ergo illa tempora, praeteritum et futurum, quomodo sunt, quando et praeteritum iam non est et futurum nondum est? praesens autem si semper esset praesens nec in praeteritum transiret, non iam esset tempus, sed aeternitas. si ergo praesens, ut tempus sit, ideo fit, quia in praeteritum transit, quomodo et hoc esse dicimus, cui causa, ut sit, illa est, quia non erit, ut scilicet non vere dicamus tempus esse, nisi quia tendit non esse?
Non si può dunque parlare di un tempo in cui Tu sia rimasto inoperoso, perché il tempo l'hai creato Tu: e non si può parlare di tempi coetemi con Te, perché Tu permani, ed essi, se permanessero, non sarebbero più tempi. Che cosa è infatti il tempo? Chi potrebbe dame una breve e facile definizione? Chi ne capirà tanto, almeno con il pensiero, da poterne poi far parola? Ed invece, vi ha una nozione più familiare, più nota, nel parlare comune, del tempo? Certo, quando ne parliamo, sappiamo che cosa intendiamo, e lo sappiamo anche quando ne sentiamo parlare gli altri. Che cosa è, allora, il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so: eppure posso affermare con sicurezza di sapere che se nulla passasse, non esisterebbe un passato; se nulla sopraggiungesse, non vi sarebbe un futuro: se nulla esistesse, non vi sarebbe un presente. Passato e futuro: ma codesti due tempi in che senso esistono, dal momento che il passato non esiste più, che il futuro non esiste ancora? E il presente, alla sua volta, se rimanesse sempre presente e non tramontasse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità. Se dunque il presente, perché sia tempo, deve tramontare nel passato, in che senso si può dire che esiste, se sua con¬dizione all'esistenza è quella di cessare dall'esistere; se cioè non possiamo dire che in tanto il tempo esiste in quanto tende a non esistere?
(trad. di C. Vitali)



Icona iDevice TESTO 3: FRANCESCO PETRARCA, La vita fugge... (Canz. CCLXXII)

La vita fugge e non s'arresta un'ora:
E la morte vien dietro a gran giornate;
E le cose presenti e le passate
Mi danno guerra, e le future ancora.

E 'l rimembrar e l'aspettar m'accora          5
Or quinci or quindi sì, che 'n veritate,
Se non ch'i' ho di me stesso pietate,
I' sarei già di questi pensier fôra.

Tornami avanti s'alcun dolce mai
Ebbe 'l cor tristo; e poi dall'altra parte       10
Veggio al mio navigar turbati i venti:

Veggio fortuna in porto, e stanco omai
Il mio nocchier, e rotte àrbore e sarte,
E i lumi bei, che mirar soglio, spenti.

.


Domande Vero-Falso


Poiché il tempo scorre veloce, Seneca invita l’uomo a tenere stretto (complecti) ciò che ogni ora offre

Vero Falso


nulli bonae rei è dativo di fine (Seneca, De Brev. vitae)

Vero Falso


ultima necessitate cogente è un ablativo di causa (Seneca, De Brev. vitae)

Vero Falso


si scias è protasi di un periodo ipotetico (Seneca, De Brev. vitae)

Vero Falso


Agostino annulla il concetto di tempo “cronologico”

Vero Falso


Per Agostino la misurazione del tempo è un fatto puramente interiore

Vero Falso


complectere (Seneca Ep. ad Luc. I,2) è infinito

Vero Falso
Icona domanda iDevice Domande a Scelta Multipla - SENECA
Secondo Seneca, il tempo è sperperato quando l’uomo
  
non vive una vita ricca di rapporti sociali
non persegue l’affermazione personale e il successo
si dedica solo ai propri interessi
quando l’uomo non compie una scelta etica

Secondo Seneca, la vita deve essere vissuta
  
cogliendo le occasioni di soddisfare i propri desideri
come preparazione alla morte
in vista di una vita ultraterrena
nell’ indifferenza a qualunque stimolo

I tre verbi auferebatur / subripiebatur /excidebat costituiscono la figura retorica
  
del climax ascendente
dell'anafora
della ridondanza
dell'allitterazione

qui aliquod pretium tempori ponat è una proposizione relativa con valore
  
causale
consecutivo
finale
concessivo

quod mortem prospicimus è una proposizione
  
causale
dichiarativa
relativa

Secondo Seneca la vita umana è breve perché
  
di fronte all’eternità la sua durata è insignificante
gli uomini non riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati nell’arco temporale loro assegnato
gli uomini non riescono nella vita a fare tutte le esperienze che desidererebbero
gli uomini non sanno né valutare né fare buon uso del tempo

Icona domanda iDevice Domande a Scelta Multipla - AGOSTINO E PETRARCA
per Agostino la dimensione temporale che realmente consiste è
  
il passato
il presente
il futuro
nessuna

Petrarca in questo sonetto guarda alla sua vita con
  
un sentimento religioso confortante
la speranza nel raggiungimento di una futura serenità
un sentimento di autocommiserazione
delusione e angoscia

Il poeta rifugge dall’idea del suicidio perché
  
teme di incorrere nella dannazione eterna
lo ritiene un gesto da deboli
ha paura della morte

La considerazione della fuga del tempo induce Petrarca
  
a ripiegare sul passato
a uno stato di tristezza per ciò che è stato e di angoscia per ciò che sarà
a protendersi verso le incertezze futuro
a vivere intensamente il presente anche nei suoi dolori

Il tempo secondo Marisa Galiani
Immagine di Marisa Galiani 

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Percorso pluridisciplinare sulla percezione del tempo