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I FILM

 

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La terza stella

 

Trama in breve:

Un piccolo paese si prepara per la gara annuale: una partita di scacchi vivente. Ale, uno dei giocatori, è molto agitato per l'avvenimento, e come se non bastasse si aggiunge il cognato Franz a complicargli la vita...

Recensione:

Film sconclusionato nella trama e nella recitazione quasi sempre sottotono di Ale e Franz, è la prova di quanto sia arduo passare dal guizzo comico al lungometraggio.

La tensione comica è qualcosa di difficile da mantenere e la “banda di Zelig”, qui al non isolato flop, dovrebbe tenere a mente che il successo della popolare trasmissione è proprio l’amalgama di diverse comicità, giocate sulla breve ed intensa prova di bravura.

Alla distanza (una distanza che, peraltro, si manifesta dopo i primi, noiosi minuti di film…) la prova di Ale e Franz non regge, mortificata anche da una sceneggiatura inconsistente e dal plot narrativo inesistente.

Spiace dirlo, ma è un film…tutto da perdere!

Pensate che non mi ricordo neppure se contiene o meno la solita battuta sull’Inter: dovevo davvero essere addormentata per non averne notato la presenza o l’assenza!

(Maria Zeno)

 

 

La tigre e la neve

 

In breve


Il Poeta Attilio è innamorato di Vittoria, che sogna tutte le notti vestita da sposa per lui. Invitati alle nozze oniriche sono Ungaretti, Yourcenar, Montale, Borges…
Nella vita reale, Attilio segue spasmodicamente, non condiviso nell’amore, Vittoria, di mestiere scrittrice, a una mostra, alla presentazione di un libro... Vittoria sta scrivendo la biografia di Fuad, il più grande poeta iracheno vivente, amico di Attilio.
Allo scoppiare della guerra in Iraq, Fuad torna in patria. Vittoria lo segue per terminare il libro e rimane gravemente ferita a seguito di un bombardamento. Saputo che Vittoria è in coma in un ospedale di Baghdad, Attilio riesce ad andare in Iraq malgrado l’interdizione aerea e ...
Non vi racconto lo svolgersi degli eventi, naturalmente!

Il parere

La poesia è la cifra stilistica del film, la sua vera e propria invenzione artistica.
Gli eventi, infatti, non rispondono al criterio della verosimiglianza se non in minima parte ed interrogare il film da questo punto di vista sarebbe ingeneroso e fuorviante rispetto alle reali intenzioni di Benigni.
La favola, incantata, si avvale del crudele scenario della guerra squarciato ad un tratto dall’incredibile, presepistico, cielo stellato di Baghdad visto in soggettiva degli occhi di Fuad, il bravissimo Jean Reno.
Il riferimento a La vita è bella è necessario, perché voluto dallo stesso Benigni, evidentemente alla ricerca del consolidamento della personale, riconoscibilissima, cifra stilistica scelta per raccontare gli orrori della guerra attraverso il vigore della fiaba.
L’assurdità dell’amore fiabesco che egli nutre per Vittoria rompe gli impedimenti della guerra, ne supera i vincoli (come già avvenne in La vita è bella), trovando soluzioni originali ed improbabili.
Benigni offre una prova molto convincente, fatta di costanti, mai banali, ammiccamenti e citazioni di sé, folletto leggero e non sconfitto dal male del mondo.
A detta di molti, il taglio fiabesco è la debolezza intrinseca del film, ma non credo che questa sia la chiave di lettura più opportuna: il regista ci conduce, infatti, in una sua dimensione altra rispetto ad un possibile modo convenzionale di leggere e raccontare la guerra.
Adotta anch’egli una convenzione, la fiaba, all’interno della quale (e solo all’interno della quale) tutto diventa probabile; sta allo spettatore accettare o meno la convenzione e le sue regole implicite, la prima delle quali, ferrea, è lasciarsi convincere dalla narrazione dell’assurdità della poesia.
Poeticamente improbabile, Benigni sembra sempre più condizionato (in senso positivo o negativo, a seconda che si accetti o meno questa sua metamorfosi) dal suo ormai antico rapporto artistico con il Fellini de La voce della luna e con i suoi modi onirici di raccontare.
Rispetto al grande modello, a me sembra che Benigni, a tratti, dal piglio onirico discenda ad indulgere al profetismo: certi atteggiamenti buonisti talora banalizzano il racconto e l’incisività artistica (qualche caduta in tal senso è più evidente in questo film che non in La vita è bella…).

In pillole:

La grande risorsa del film?
La capacità straordinaria di Benigni di rendere credibile l’inverosimile.


Il vincolo?

Nicoletta Braschi, sempre troppo simile a se stessa ( il timore è che divenga la mantide artistica del marito…) Ma sono pareri personali!:-)

(Maria Zeno)

 

 

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