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Un libro che non si dimentica facilmente sia per la forma che per il contenuto. Vincenzo Rabito, semianalfabeta, scrive la sua autobiografia in un siciliano “italianizzato” che rende pregnante e vivido il contenuto. Il libro è la riduzione di 1027 pagine scritte da Rabito tra il 1968 e il 1975; le correzioni sulla lingua sono state minime. Quello che colpisce nella vita dell’autore è la sua capacità di adattamento anche in situazioni tragiche come la Prima Guerra Mondiale, alla quale ha partecipato appena diciottenne. Colpiscono anche l’amore sviscerato per i tre figli e l’ossessione per il loro futuro. Li fa studiare perché da loro vuole ottenere quel riscatto sociale che aveva pensato di poter raggiungere con il matrimonio, che invece si rivelerà solo fonte di guai a causa della famiglia della moglie. Rabito, nel raccontare la sua vita, usa spessissimo l’espressione “più contente di me non c’era nessuno”, il che dimostra che l’autore aveva la capacità di vedere sempre il lato positivo delle situazioni e di accontentarsi di poco. Colpisce, nella narrazione di Rabito, il qualunquismo politico: a tratti interventista, pacifista, socialista, fascista, democristiano… e solo, e sempre, con un intento, quello di sopravvivere e di dare un futuro migliore ai figli. “E i miei figlie, se vuole il Dio, la vita meschina che offatto io non ci la voglio fare fare”. Questo libro può aiutare la generazione nata nel secondo dopoguerra, ma non solo, a capire la mentalità e gli “errori” dei padri.

(Gabriella Rapella)

 

Una storia di amore e di amori, di tempi - il passato e il presente-, di genitori e di figli, di reale e di immaginario, di analisi introspettiva lucida e razionale. Norma, donna matura non per il sopraggiungere di quell’età in cui si cominciano a fare i bilanci della propria vita, ma per la capacità di guardare in se stessa con sincerità e rigore, appare come “l’eterna ragazza” proprio per questo suo coraggio che la fa essere al di fuori dei tempi e distante dagli altri. Una madre e un figlio che a dispetto di tutto e di tutti si confrontano e si sfidano per l’amore di un padre e di una figlia. Lui, un uomo che sfugge il tempo innamorandosi di una donna di vent’anni di meno e lei, una ragazza che conserva la giovinezza  rifuggendo dal mondo reale. Un romanzo giallo, psicologico dove la scoperta dell’assassino forse non è rilevante quanto la verità dei sentimenti. È l’amore che intesse i rapporti tra le vite dei protagonisti, l’amore nelle sue infinite sfaccettature che ciascuno vive e abita secondo il proprio essere,l’unica verità perseguibile.

(Lucia Bartoli)

 

 

Pare che questo libro abbia avuto un successo straordinario come “avventura alla ricerca del significato dell’esistenza” (dal risvolto di copertina), ma a me è sembrato ben povera cosa. Pare anche che sia andato a ruba negli Stati Uniti e che l’autore abbia perfino fondato una specie di fans’ club con tanto di rivista periodica dedicata, ma io non ne consiglierei in nessun modo l’acquisto e tantomeno la lettura.
Recatosi in Perù sulle tracce di un misterioso manoscritto (misterioso poi solo a parole, perché tutti ne conoscono l’esistenza, ne possiedono copie e ne seguono gli insegnamenti, e perfino il governo peruviano cerca di arginarne la diffusione), uno psicologo americano vive una serie di “avventure” che si riducono in realtà a dialoghi scialbi e ripetitivi tra personaggi sbiaditi e poco caratterizzati, che spuntano come funghi per poi sparire nel nulla dalla scena. Tutto si svolge, guarda caso, secondo i dettami – le nove “Illuminazioni” – del sopra citato Manoscritto (tanto famoso e importante da essere scritto con la maiuscola per tutto il romanzo), i cui contenuti sono all’incirca così sintetizzabili: la vita umana, i caratteri delle persone, le vicende che si susseguono, la storia del mondo intero, non sono mai avvenimenti casuali, ma sono il frutto della combinazione delle varie energie sviluppate in quel momento dalle parti in causa. Fin qui, si potrebbe anche essere d’accordo. Il fatto è che la combinazione è una e una sola, e non si fa il minimo cenno all’infinita serie delle possibilità. Non c’è, o non è prevista, una volontà superiore o una mente divina a monte, ma il corso delle cose è e deve essere quello. Nulla avviene a caso e tutto ha un significato preciso, decodificabile attraverso intuizioni, premonizioni, sogni e segni. E secondo l’ottimistica - e a mio parere improbabile - visione dell’autore, il genere umano va verso una sempre maggiore autoconsapevolezza e verso un’evoluzione socio-psicologica, che lo porterà a controllare positivamente l’energia sprigionata dall’individuo, dagli altri e dalla natura. Bah…
Il filo della narrazione cerca di mantenersi avvincente con qualche episodio avventuroso e qualche scenario suggestivo di luoghi vergini e selvaggi, ma tutto appare talmente prevedibile e forzato da risultare noioso, stucchevole, falso.

(Paola Lerza)

 

                                                      

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